Camici, Dini fece il “bel gesto” ma... Caccia nelle chat con 50 parole chiave

Nel messaggio a un collaboratore, estrapolato dal suo cellulare per ordine dei magistrati appare chiara la stizza del cognato di Fontana per aver dovuto rinunciare al pagamento

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Quando si dice generosità. Come quella, sotto forma di donazione, che la Dama Spa di Andrea Dini, cognato del presidente della Lombardia Attilio Fontana, fece regalando alla Regione una partita di camici antivirus che avrebbe dovuto venderle per 513 mila euro.

“Chattando“ a metà maggio con un collaboratore, Dini dice: "Ovviamente tutti, dico tutti, sono nella lista dei fornitori di camici. Armani, Hermo, Moncler. Gli unici cog… siamo noi". "Ma lo mandi a cag.. e fatturiamo lo stesso", gli suggerisce l’altro, evidentemente poco sensibile alle buone azioni. "Non posso - taglia corto Dini - non posso, questioni famigliari".

E così Dama Spa fa il “bel gesto” di rinunciare al previsto pagamento della commessa conordata coon Aria, la centrale acquisti della Regione. Pochi giorni dopo, però, il patron della Paul&Shark torna sull’argomento, sempre in chat, con l’assessore regionale Raffaele Cattaneo, che l’aveva aiutato a trovare i tessuti per i camici nonostante Dama si fosse proposta per la fornitura senza averli, evidentemente. Nella chat Dini chiederebbe all’assessore "due minuti per spiegare di persona alcune cose". Del resto "il ruolo di Cattaneo fu decisivo per consentire alla Dama di riconvertirsi e poter formulare un’offerta", si legge nel decreto di perquisizione e sequestro con cui l’altro giorno è stato disposto dai pm Luigi Furno, Carlo Scalas e Paolo Filippini il “sequestro“ dei cellulari dei diversi protagonisti della storia.

Cattaneo, nell’interrogatorio con i pm come testimone, aveva dichiarato di "non ricordare il nome della persona da cui ricevetti una telefonata con la quale mi veniva manifestato l’interesse di Dini a rendersi disponibile. L’ho contattato in marzo e mi sono reso conto che non era immediatamente in grado di fornire i camici del tipo che interessavano a noi, anche per la difficoltà a reperire il materiale idoneo; ma, avendo una impresa valida, gli ho indicato le imprese fornitrici". Sempre ai pm, Cattaneo ha detto che Dini gli comunicò "di aver deciso di trasformare la commessa in donazione per ragioni di carattere familiare". Certo non doveva però essere entusiasta se tentò quasi subito di recuperare parte degli incassi. Del resto sua sorella, moglie del presidente Fontana, gli scrive: "Attilio ora a Milano. Ti devi imporre. Lunedì si recupera tutto quello che si può".

L’impresa non si rivelerrà tanto semplice, tanto che per ridurre il danno Dini finirà per non consegnare mai alla Regione gli ultimi 25 camici della famosa fornitura mutata in donazione. E proprio per questo i pm hanno contestato a Dini l’ipotesi di reato di frode in pubbliche forniture in concorso con il cognato Fontana, per il mancato rispetto dell’impegno sul numero dei camici. Intanto, sarebbero stati restituiti i telefonini a indagati e non, del “caso camicì”, tra cui la moglie di Fontana, gli assessori Caparini e Cattaneo, il capo della segreteria della presidenza della Regione, Giulia Martinelli, e altri membri dello staff. I pm hanno disposto una ricerca nelle chat mirata e basata su più di 50 parole chiave tra cui camici, moglie, fratello, cognato, donazione, tessuti, certificazioni, Trivulzio, mascherine, restituzione, consegna, ordine, Aria, bonifico, Svizzera. Intanto gli inquirenti stanno valutando l’avvio di una rogatoria in Svizzera, dove Fontana detiene su un conto 5,3 milioni di euro, somma “scudata” nel 2015 e proveniente da conti associati a due trust alle Bahamas creati dalla madre del governatore e, come detto da Fontana, "lasciati in eredità".

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