Calci e pugni per derubare coetanei. Preso il leader della baby gang

Arrestato un minore straniero non accompagnato di 17 anni. Il colpo ai danni di tre vittime in corso Como

di Marianna Vazzana

MILANO

Prima le domande, all’apparenza innocue. Un pretesto per avvicinare i malcapitati. Poi, la violenza da branco: calci e pugni per spogliare le vittime di tutti gli oggetti preziosi, tra cui cellulari, soldi, indumenti e un passaporto. A distanza di 11 mesi, gli agenti dell’Unità investigazioni e prevenzione della polizia locale sono riusciti a individuare il presunto leader della gang, un diciassettenne nato in Marocco, minore straniero non accompagnato che su disposizione del gip è stato arrestato per rapine e lesioni ai danni di un altro minore, tra i tre ragazzi che quel giorno (erano le 5 dello scorso 11 febbraio) si erano ritrovati accerchiati, picchiati e derubati all’uscita di un locale in corso Como.

Il giovane era già stato accolto in una comunità minorile e, incurante delle regole, aveva già commesso una sfilza di reati. Prima di lui, nei mesi scorsi, erano stati fermati altri sei giovani, tutti parte della gang, cinque maggiorenni e un minorenne, per rapine e lesioni personali in concorso. Ora continuano le indagini per risalire ad altri componenti, al momento non ancora riconosciuti. In base a quanto ricostruito, all’alba dell’11 febbraio le tre vittime erano state avvicinate da un gruppo di una decina di persone che in pochi secondi erano raddoppiate. Ed è scattato il pestaggio: calci e pugni per impedire loro di reagire e poterli derubare, forti della forza del branco. Poi via con due iPhone, mazzi di chiavi, 50 euro, un passaporto, una sciarpa e un cappello.

I tre ragazzi rapinati si erano poi presentati dalla polizia locale, chiedendo aiuto anche perché feriti. Ed erano stati in grado di descrivere i loro aggressori, indicando anche gli indumenti che indossavano, tra cui un giubbotto nero e uno bianco, catarifrangente. La polizia locale si è messa sulle tracce dei presunti responsabili. La svolta è arrivata grazie a indagini parallele, scattate per un evento analogo: i ghisa sono riusciti a collegare i fatti e a identificare i presunti responsabili dei reati che, successivamente, sono stati pure riconosciuti dalle tre vittime: guardando un album con le fotografie dei sospettati, non hanno avuto dubbi.