
Una sede dell'Inail, Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
Milano, 18 ottobre 2024 – Il Tribunale del Lavoro di Milano ha condannato l'Inail a risarcire una donna che si era fatta male andando a prendere la figlia a scuola durante lo smart working.
L'istituto nazionale che si occupa degli infortuni sul lavoro aveva sostenuto di non doverle versare un euro perche' la funzionaria dell'Agenzia delle Dogane, che lavorava da casa per la pandemia, aveva chiesto e ottenuto un permesso per ritirare la bambina di sette anni intorno alle 12 all'uscita dalla scuola che distava circa un chilometro e mezzo a piedi dall'abitazione.
Secondo l'Inail quindi non era definibile "un infortunio per rischio lavorativo ma per il verificarsi di un rischio generico incombente su tutti i cittadini e comune ad altre situazioni del vivere quotidiano".
Nel tragitto casa-scuola, percorso quel 23 settembre del 2020, la lavoratrice era crollata malamente a terra procurandosi un infortunio alla caviglia che le ha provocato "una menomazione permanente". La sua richiesta al tribunale era un risarcimento di 71mila euro per l'inabilita' temporanea determinata dalla caduta e per le spese per i farmaci. La giudice del lavoro le ha riconosciuto poco piu' di 10mila euro sottolineando che "il lavoratore e' tutelato tutte le volte che si allontani dall'azienda e vi faccia ritorno in occasione della sospensione dell'attività' lavorativa dovuta a pause, riposi e permessi" e che "la sospensione dell'attività lavorativa non dipende da scelte voluttuarie del dipendente ma e' di volta in volta giustificata da ragioni connesse all'esercizio dei diritti personali del lavoratore che altrimenti verrebbero sacrificati".