
di Giulia Bonezzi
Arriva anche l’incentivo economico, di seimila euro all’anno extra, per i medici (e i pediatri) di base che accettano di aprire lo studio in un quartiere considerato così poco attraente dalla categoria da non riuscire a trovare un titolare. Non è una novità in assoluto: il bonus è previsto dal contratto nazionale dei mutualisti, e già applicato in località remote, villaggi di montagna e isolette identificati dalle Regioni come "zone disagiatissime o disagiate a popolazione sparsa".
Ma si apre la concreta possibilità che venga utilizzato ora anche per procurare un dottore a paesoni del popoloso hinterland milanese e quartieri molto periferici della metropoli, perché la Regione ha indicato una strategia precisa: "Qualora per tre successive pubblicazioni di ambiti carenti (i posti messi a bando periodicamente) l’ambito non venga coperto, è data facoltà all’Ats di individuare la zona con vincolo come “zona disagiata” e di prevedere, per il medico che accetti l’incarico, una remunerazione extra di seimila euro annui omnicomprensivi", ha spiegato la vicepresidente della Regione con delega al Welfare Letizia Moratti ieri al Pirellone, rispondendo a un’interrogazione del Movimento 5 Stelle. Tre bandi a vuoto di fila sono circostanza tutt’altro che rara, pergli ambiti vincolati del Milanese.
Così l’incentivo si sommerà ad altre tattiche, come l’offerta di locali gratis o ad affitto calmierato per lo studio (il cui costo sarebbe già compreso nel lordo del medico di base, un libero professionista che lavora in convenzione col servizio sanitario regionale) messi a disposizione dalle amministrazioni locali e, prospetta ora Moratti, anche dall’Aler, o appunto il vincolo posto nei bandi a prestar servizio in una specifica frazione o quartiere, che però l’Ats deve utilizzare con parsimonia per non vedere andar deserto o rifiutato l’intero comune o municipio, utilizzate da tempo per tamponare una carenza di pediatri ma soprattutto di medici di base che "investe tutto il territorio nazionale", ha ricordato Moratti. Dovuta, non solo ma soprattutto, all’imbuto formativo creato da numeri chiusi e tagli alle borse di studio negli anni della spending review, che ha prodotto uno squilibrio tra ingressi e pensionamenti, offerta e domanda di mutualisti.
"La Lombardia è impegnata a trovare soluzioni concrete e si è fatta promotrice di una revisione organizzativa condivisa da tutte le Regioni, al momento al vaglio del Ministero della Salute", ha spiegato la vicepresidente, in attesa che producano effetti le azioni di lungo periodo, come l’aumento delle borse di studio per il corso di formazione in medicina generale finanziato dal Governo e anche dalla Regione ("Per il triennio 2021-2024 sarà più elevato del passato", grazie a un "rilevante incremento del fondo nazionale" e "ulteriori risorse stanziate dal Pnrr"), che unito alla possibilità d’iscrizioni senza borsa già introdotta nel 2020 intanto fa crescere il bacino dei tirocinanti, che "in attesa dell’esame possono rispondere ai bandi", e durante la formazione prendere in carico fino a 650 pazienti che la Regione "si è fatta parte attiva a livello nazionale" per aumentare a mille. La strategia lombarda nel breve, sottolinea Moratti, ha per architrave "un piano triennale 2021-2023 di potenziamento dell’attività territoriale, con un cambio di prospettiva" che include l’"erogazione diretta di prestazioni" da parte dei mutualisti "anche con il supporto di società di servizio". Indicazioni che "costituiscono un’anticipazione rispetto a eventuali" novità che emergessero dal rinnovo dell’accordo collettivo nazionale. E prevedono "lo sviluppo di équipe territoriali", con l’affiancamento ai medici di "personale a supporto, in particolare infermieri", e la "continuità assistenziale diurna" di Usca e guardia medica. Intanto, per tamponare l’emergenza, la Direzione Welfare dallo scorso giugno gestisce le autorizzazioni all’incremento del massimale, che sarebbe di 1.500 pazienti, ai medici di base che lo chiedono: l’ha già fatto "oltre il 6%".