MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Bianca Bassi, la “sarta” del vetro Opere uniche alla portata di tutti

di Marianna Vazzana

La luce di una bottega illumina il lavoro che prende forma su un tavolo di legno, dove sui fogli brillano scaglie di vetro tagliate e assemblate: una volta fuse diventeranno foglie, petali, volti, sfondi colorati. Nel suo laboratorio di via Alessi 13, a un passo dalla Darsena, l’artista del vetro Bianca Bassi realizza vetrate che orneranno appartamenti, ville o chiese oppure ripara quelle rotte. Sue quelle di casa Versace in viale Majno e della chiesa di Cassina Amata a Paderno Dugnano. "Il mio non è un grande studio. Sono sola, animata soltanto dalla mia passione", racconta. Milanese di 65 anni, da sempre al quartiere Ticinese, già da piccolissima si immaginava circondata da colori e materiali da trasformare. "Da ragazza ho studiato al liceo artistico delle Orsoline. Poi ho lavorato come grafica disegnando con la china e gli acquerelli. Finché sono arrivati i computer: quel lavoro non faceva più per me, così sono andata a bottega da un artista del vetro e vent’anni fa ho aperto un laboratorio tutto mio", rilevando la ex bottega di un liutaio.

Fa tutto da sola: ordina la materia prima, che arriva dall’Italia ma anche da Stati Uniti, Germania, Francia e Cina, accoglie i clienti e realizza le opere su commissione e non, dando vita a lavori nuovi o salvando qualcosa che sembra irrecuperabile. Come fosse una “sarta“ che rammenda il vetro, si prende cura di porte e finestre decorate andate in frantumi o piene di crepe. "Per fortuna, molti capiscono il valore e la bellezza di certi oggetti e restano incantati. Dei clienti mi hanno affidato una porta rotta per colpa di una folata di vento. La cosa che mi emoziona di più è che fui io a crearla tanti anni fa: ora è tornata qui, come fossi il medico che deve rimetterla in sesto dopo un trauma". Utilizza due tecniche: la vetrofusione e la pittura su vetro. "Nel primo caso, realizzo l’opera in scala reale su cartoncino, taglio i pezzi di vetro e li assemblo. Dopodiché cuocio le singole “mattonelle“ in forno a 850 gradi e infine le unisco con la tecnica della legatura a piombo, usando il saldatore". Il forno è in bottega. "Nel caso della pittura, dipingo direttamente sul vetro e poi inserisco la lastra sempre in forno, a 600 gradi. Questa è la tecnica più antica, medievale, utilizzata anche per il Duomo di Milano". Si ispira al liberty, al déco e a Klimt "ma amo soprattutto sperimentare". E, per rendere le sue vetrate uniche, spruzza gocce d’oro. "C’è qualcosa per ogni tasca, anche piccole stelle e angioletti da appendere a Natale. Ogni opera è unica". Al momento non ha “eredi“ a cui passare il testimone. Chissà se arriverà qualcuno a proseguire quest’arte nel centro di Milano.