Autogrill per boomer viaggiatori

Claudio

Negri

è sempre un autogrill accogliente, specie in quell’ora di bassa luce invernale, tra il lume e il buio, tra il mare e i colli e il piano. Certo, è l’ora che volge al disìo i naviganti. Specie quelli di terra. Siamo tutti viaggiatori. Specie quando non possiamo più viaggiare tenendo la barra del timone o le razze di un volante. Dettagli ulceranti, ma tant’è. Gli autogrill, con noi fermi in un universo in ostinata espansione, ci sembrano irraggiungibili come quelle galassie lontane, tracimate oltre l’ultimo orizzonte dal quale nemmeno la luce può più raggiungerci. Eppure gli autogrill ci sono, continuano a essere posti puliti e bene iluminati, proprio come i bar che piacevano a zio Ernest. Non sappiamo ancora, alla nostra tenera e dissipata età, perché si abbia sempre questa urgenza non solo fisiologica a fermarci lì. Siamo boomer senza il botto: da piccoli, nelle aree di sosta, avevamo scoperto un caffellatte viaggiante chiamato cappuccino, un panino schiacciato e scottato chiamato toast. Bisogni indotti, ma ben condotti. Ci illudevamo fermamente di vivere dentro un benessere diffuso. Per un po’ di latte agitato nel caffè. Per una fetta di prosciutto cotto tra due rombi di pane combusto. Poi sarebbe arrivato il resto, dal prosciutto al pepe alle toilette seriali con gli scrosci e gli stillicidii degli orinatoi, allusivi e sfuggenti come doccioni dolomitici. Odore di piscio e disinfettante, mentre camionisti interstellari si lavano a tocchi sotto il rubinetto discontinuo. Fuori è già buio, un buio filante. I parcheggi profumano degli pneumatici caldi e quasi dolci dei pullman. Forse gruppi contrapposti di ultras si fronteggeranno tra le pompe di benzina e la notte autostradale. Ma gli autogrill, miracolo, continuano a essere posti abbastanza puliti e bene illuminati. Come quello – dico a caso – che sta all’uscita di una galleria e le luci di Genova, da lungi, sono una fumosa nube di Magellano. Così il povero boomer, senza barra e senza volante, dirà alla sua compagna: “Ti ricordi?”. Ma la compagna ha letto Montale e il nostro esule all’autogril si risponderà da solo: “Tu non ricordi altro tempo frastorna la tua memoria”. E in questi casi il prosciutto al pepe non aiuta.

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