Terrorista ucciso a Sesto, indagine archiviata: "Non aveva rete di contatti in Lombardia"

L'inchiesta per terrorismo internazionale doveva fare luce su eventuali contatti in Lombardia dell'autore della strage di Berlino il 19 dicembre 2016

Anis Amri (Afp)

Anis Amri (Afp)

Milano, 18 dicembre 2017 - Anis Amri, l'uomo che il 19 dicembre 2016 fece una strage in un mercatino a Berlino e venne poi ucciso da due agenti a Sesto San Giovanni, nel Milanese, non aveva una rete di contatti di terroristi in Lombardia. In pratica passò per caso dalla Lombardia: la sua intenzione era di andare a Sud, in Sicilia. È emerso dall'inchiesta per terrorismo internazionale e di cui il pm Alberto Nobili, capo del pool antiterrorismo, ha chiesto l'archiviazione.

Dalla richiesta di archiviazione della Procura di Milano dell'indagine su una presunta rete di collegamento a sostegno del tunisino ritenuto responsabile della strage ai mercatini di Natale di Berlino dell'anno scorso emerge anche un episodio accaduto in una comunità nella quale Amri è stato ospite. Il terrorista assieme a un suo connazionale tunisino, girò per dispetto e provocazione tutti i crocifissi presenti nella struttura all'incontrario. A raccontare l'episodio agli inquirenti milanesi è stata una religiosa della comunità "Fondazione Romeo Fava" di Belpasso (Catania) la quale ha aggiunto che Amri dirigeva la preghiera islamica collettiva scegliendo gli orari e invitando con tono provocatorio la responsabile della struttura a partecipare al momento di preghiera.

Con una sparatoria con la polizia davanti alla stazione di Sesto San Giovanni si era conclusa nella notte tra il 22 e il 23 dicembre dell'anno scorso la fuga di Anis Amri, 24enne di origine tunisina che quattro giorni prima si era lanciato a bordo di un camion sulla folla di un mercatino di Natale a Berlino. Intorno alle 3 del mattino, Amri, appena arrivato in treno da Chambery (Francia), via Torino, era stato intercettato per un controllo di routine da una pattuglia nei pressi di piazza Primo Maggio a seguito di un controllo di routine. Ma quando gli agenti gli avevano chiesto i documenti aveva estratto dal suo unico bagaglio, uno zainetto, una pistola calibro 22, la stessa usata nel mercatino per sparare sulla folla che scappava terrorizzata, e aveva fatto fuoco colpendo alla spalla uno degli agenti. Un collega del poliziotto ferito lo aveva così inseguito e aveva esploso due colpi, uno dei quali aveva raggiunto il tunisino al costato e lo aveva lasciato morto sull'asfalto.

Martedì 19 dicembre ricorre proprio il primo anniversario della strage nella quale morirono 12 persone, tra cui l'italiana Fabrizia Di Lorenzo. I parenti della ragazza non sono andati a Berlino per la commemorazione. I Di Lorenzo, come i familiari delle altre 11 vittime di Anis  Amri, il tunisino che travolse la folla nella Breitscheidplatz con un camion, hanno firmato una lettera aperta alla Merkel, criticando la gestione complessiva dell'accaduto e rimproverandole, fra l'altro, di non aver porto loro le condoglianze personalmente, in un anno.

 

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