Tragedia sulle Alpi svizzere, salvo architetto milanese: "Vivo grazie a esperienza"

Cinque vittime, tutte italiane. L'alpinista racconta una serie di errori commessi: "Non era una gita da fare"

Tommaso Piccioli, l'architetto che si è salvato sulle Alpi

Tommaso Piccioli, l'architetto che si è salvato sulle Alpi

Milano, 1 maggio 2018 - Tragedia sulle Alpi svizzere dove hanno perso la vita sei scalatori italiani tra cui il comasco Mario Castiglioni, guida alpina. Salvo l'altro lombardo presente nella comitiva, l'architetto milanese Tommaso Piccioli: "Sto bene. Mi hanno appena dimesso dall'ospedale" ha detto all'Ansa. Piccioli è uno dei partecipanti alla spedizione finita in tragedia sulle alpi svizzere nella haute route Chamonix-Zermatt, dove sono morti 5 italiani, inclusi i suoi tre amici di Bolzano.

"Era una gita difficile non da fare in una giornata dove alle 10 sarebbe iniziato il brutto tempo non era neanche da pensarci", ha raccontato l'architetto al Tg3. E ancora: "Ogni tanto mi veniva voglia di lasciarmi andare, ma dopo pensavo a mia moglie". Così ha resistito. Tutta la notte. Il suo è il racconto di un concatenarsi di errori. "Abbiamo sbagliato strada e ci siamo trovati nella bufera", ha spiegato all'Ansa. E ha continuato: "Ci siamo persi quattro o cinque volte. Ho portato avanti il gruppo io perché ero l'unico ad avere un gps funzionante fino a che siamo arrivati a un punto in cui non si poteva più procedere perché con quella visibilità non era possibile". Una catena di errori, continuata anche quando è venuto il buio. "È arrivata la notte. Ci siamo fermati in una sella e anche quello è stato un errore perché non ci si ferma nelle selle quando c'è il vento. Devi fermarti in un punto riparato e scavare un buco". "Ho cercato di non addormentarmi e ci sono riuscito, tutto lì - ha minimizzato - perché in quelle situazioni se ti addormenti sei finito: l'ipotermia ti prende e ti uccide. Bisogna muoversi, muoversi, respirare e solo pensare di non morire". Infine, ha concluso: "Eravamo tutti italiani tranne tre. Non sapevamo che la gita fosse lunga e impegnativa perché non ce l'aveva detto. Io sapevo già che sarebbero morti quasi tutti, comunque più della metà".

Ieri, Piccoli ha subito telefonato alla sua famiglia. "Mi ha detto 'sto bene' - ha raccontato il papà Stefano, anche lui architetto -. Sono all'ospedale. È successa una cosa gravissima e sono sopravvissuto grazie alla mia esperienza".  Prima di chiamare il padre, Tommaso aveva già telefonato alla madre e alla moglie australiana, con cui vive in Australia la maggior parte dell'anno. In Italia è tornato per votare, e anche per questa escursione. La sua è una vera passione per l'avventura. "Ma questa esperienza - ha spiegato il padre Stefano - è stata terribile. I suoi amici di Bolzano sono tutti morti". La notte al gelo è stata lunghissima e completamente buia. Tommaso ha cercato di fare ginnastica e non addormentarsi. "Lui - ha raccontato il papà - è rimasto sveglio tutta la notte. Non so come ha fatto. Spronava anche gli altri, a muoversi a non dormire ma nel buio non li vedeva. Non sapeva dov'erano". Quando ha albeggiato Tommaso e un'escursionista tedesca hanno visto dall'altro lato della vallata, dove c'è il rifugio, due sciatori e hanno iniziato ad urlare con quanta voce ancora avevano in gola "help". Loro hanno avvisato il soccorso alpino che è arrivato con l'elicottero. "Ma non poteva atterrare, quindi si è calato un infermiere con il verricello - prosegue Stefano - e li ha portati su uno a uno". 

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