"Aiutiamo i sex offender per proteggere le donne"

Dal 2005 il team del criminologo Giulini ha seguito oltre duemila uomini violenti. La recidiva cala al 10%. Casi in aumento tra adolescenti, problema sottovalutato

di Andrea Gianni

"Noi lavoriamo con gli autori dei reati contro donne e minori, con l’obiettivo di evitare nuove vittime. È questa la nostra idea di giustizia riparativa". Il criminologo Paolo Giulini,fondatore del Centro Italiano per la Promozione della Mediazione (Cipm) torna con la memoria al 2005, quando nel carcere di Bollate avviò un progetto per il trattamento degli autori di reati sessuali che si è trasformato in una rete. Da allora sono stati seguiti, nell’ambito di varie iniziative, oltre duemila uomini responsabili di violenze sessuali, stalking o maltrattamenti. L’obiettivo è abbattere il tasso di recidiva, per proteggere le donne.

Come avviene il primo approccio con le persone in trattamento?

"Molti tendono a minimizzare o a negare l’accaduto, arrivano anche a vedersi come vittime. Il primo passo è metterli di fronte alle responsabilità, ascoltarli e costruire la motivazione a seguire un percorso. Si passa poi ad attività di gruppo, fondamentali nel nostro approccio".

Come si interviene quando si aggiungono anche problemi di tossicodipendenza o di utilizzo di sostanze?

"In questi casi siamo in contatto con gli specialisti del Sert, o con i Cps quando c’è anche una sofferenza di natura mentale. L’approccio deve essere integrato, e unire tutte le forze presenti su un territorio. Gli stupefacenti amplificano i problemi, perché sono disinibenti che allentano il controllo sui propri impulsi".

Secondo la sua esperienza, le donne sono più a rischio rispetto ad anni fa?

"La mia sensazione è che, al di là dei casi di cronaca, questo problema è stato sempre presente. Forse ora siamo diventati più abili a intercettarlo ma il “numero oscuro“ è ancora elevatissimo, perché le vittime hanno paura di denunciare nonostante il sistema di protezione sia più efficace. Sono esplosi, invece, i reati sessuali commessi via internet: prostituzione minorile, adescamento, revenge porn, pedopornografia. Sono fenomeni ancora relativamente nuovi e sconosciuti".

Gli ultimi casi di cronaca, da Genovese a Confalonieri, hanno riguardato persone ben integrate e di successo. Sta cambiando il contesto sociale dei sex offender?

"Tutte le ricerche hanno dimostrato che il contesto sociale è trasversale. L’unica differenza è che chi ha i soldi ha maggiori possibilità di difendersi e quindi di ridurre il danno anche in sede processuale. Quello che allarma è l’aumento dei casi tra gli adolescenti, che in questo momento è sottovalutato. Noi abbiamo un gruppo che si riunisce tutte le settimane, ma è una goccia nel mare. Il problema è che più è precoce l’insorgenza del problema più aumenta il rischio di una compulsività".

Che risultati stanno dando i vostri progetti?

"I nostri pilastri per prevenire reati sessuali, stalking e maltrattamenti sono il Cipm, con una rete partita da Bollate ed estesa in altre carceri, il Presidio criminologico territoriale con il Comune di Milano e il progetto Uomo. Per dare un’idea dei risultati, dal 2 aprile 2018 allo scorso 6 ottobre su 358 persone sottoposte ad ammonimento da parte della Questura di Milano che si sono presentate da noi il tasso di recidiva è stato del 10.33%. Sale invece al 17,52% considerando invece chi ha scelto di non seguire un percorso. Abbiamo firmato protocolli con la Questura, con il Tribunale e a Milano, in zona Lorenteggio, abbiamo aperto una comunità con cinque posti letto per uomini in trattamento. La nostra è anche prevenzione primaria, perché ci sono pedofili che si presentano da noi terrorizzati all’idea di passare all’atto, e chiedono aiuto. Rispetto al 2005 le leggi hanno fatto passi avanti, nell’ottica di un sistema di prevenzione più organico e strutturale".

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