Aggressioni in Duomo la notte di Capodanno: primo processo in vista

Uno degli imputati, infatti, ha scelto il processo con rito ordinario, mentre gli altri due il giudizio in abbreviato

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Uno davanti al tribunale fra tre settimane, gli altri due in attesa dell’udienza preliminare non ancora fissata. Destini processuali diversi, per i tre giovani maggiorenni finiti in carcere nei mesi scorsi nell’inchiesta della Squadra mobile coordinata dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo, sulle aggressioni sessuali in piazza Duomo nella notte di Capodanno. Uno degli imputati, infatti, ha scelto il processo con rito ordinario, mentre gli altri due il giudizio in abbreviato.

A fine luglio scorso i tre erano stati mandati a processo con rito immediato (si salta la fase dell’udienza preliminare). Ora il 21enne Abdallah Bouguedra ha deciso per il procedimento ordinario e il suo processo si aprirà davanti alla quinta penale l’11 ottobre. Il 19enne Abdel Fatah e il 18enne Mahmoud Ibrahim hanno optato invece per l’abbreviato (a porte chiuse e con sconto di un terzo sulla pena in caso di condanna). L’udienza davanti al gup non è ancora stata fissata.

Per la vicenda anche la magistratura minorile aveva disposto l’arresto di un 16enne egiziano e di un connazionale 17enne e il procedimento è ancora in corso. Nove ragazze, tra l’altro, davanti al gip, nel corso di un incidente probatorio, avevano confermato i loro racconti sulle violenze sessuali di gruppo subite. A fine maggio era finito in carcere Fatah, per il quale i pm avevano chiesto la misura cautelare rigettata dal gip Raffaella Mascarino ma poi riconosciuta dal Riesame e confermata dalla Cassazione. In particolare, nell’ordinanza al 19enne è stato contestato il caso più grave emerso nell’inchiesta, quello dello stupro ai danni di una coetanea vicino a via Mazzini, la cui aggressione era stata documentata in un video finito sul web dopo Capodanno.

Gli inquirenti, seguendo la giurisprudenza più recente, hanno evidenziato che era sufficiente accertare la presenza sul luogo dei giovani, anche per fare “muro” impedendo alle ragazze di fuggire e istigare agli abusi, per attribuire il reato di violenza sessuale di gruppo.

 

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