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Riti e iniziazioni di un Fight Club: "Fu Andrea a voler lanciare l’acido"

Martina Levato: il bancario chiese un ruolo attivo per addestrarsi all’Ucraina di MARINELLA ROSSI

Martina Levato e Alex Boettcher

Milano, 6 dicembre 2015 - Racconta un Fight club dell’acido, di guerrieri del sabato e domenica, ragazzi di una piccola e media borghesia, bancari addetti ai call center, studentesse sgobbone, figli di mamma con posto di lavoro al caldo. Martina Levato, parola dopo parola (le ultime appena trascritte dall’udienza a porte chiuse di venerdì 27 novembre nel rito abbreviato davanti al gup Roberto Arnaldi) riporta ai confini di una realtà metropolitana di allenamenti notturni al parco in pieno inverno; spionaggio sugli obiettivi da colpire attraverso i sistemi geo satellitari ormai in uso ai social network come l’evoluzione di Instagram, Ink361, con cui viene monitorato ogni movimento del fotografo di moda Giuliano Carparelli, da New York all’aeroporto di Linate; disponibilità di cinque schede sim che manco un mafioso; piacere fisico dei preparativi; controllo delle emozioni e della fatica con dimagranti e anabolizzanti; adrenalina che sbocca con la violenza, lanciando una «tanica» di acido solforico sulla faccia dell’ex compagno di scuola Pietro Barbini finito nel tritatutto della relazione tra lei e Alexander Boettcher, e distinguendo dal «disgorgante» con cui lei avrebbe solo voluto «spaventare» il flirt di una notte, Giuliano.  E dov'è l’amato Boettcher nelle verità brutali e disinvolte di Martina? Non c’è. Nel Fight Club ci sono solo lei, ideatrice di «risoluzioni» degne di una terrorista, e un sancho pancha bancario che però fibrilla per passare dai raid metropolitani alle campagne di Russia, o meglio, di Ucraina. «Lui, Magnani, praticamente prendeva queste aggressioni vere e proprie come una specie di addestramento per quello che poi doveva essere il suo obiettivo ultimo, che lui stesso diceva, cioè di andare a combattere in Ucraina». E, sempre lui, «proprio mi ha richiesto di partecipare» al lancio contro Pietro Barbini», «perché si sentiva marginale» rispetto al “contributo” di telefonista e palo dato per Carparelli, «e quindi non solo ha voluto telefonare (a Barbini, ndr), ma partecipare insieme a me all’aggressione e quindi io non avevo bisogno di prendere accordi... né di minacciarlo, perché mi ha aiutato in tutto». Tanto che lui, lei dice, le propone «una pistola», tramite un non meglio precisato «contatto», un rom, pare. Ma le armi a Martina non interessano.

Dopo il coltello preferisce l’acido, nelle sue svariate gradazioni e composizioni: «Al Carparelli non avevo intenzione di fare un danno come poi quello che è stato causato a Barbini, cioè io ho distinto chiaramente le due persone e la mia volontà era con lui di fare un gesto dimostrativo di spavento, che fosse comunque per me liberatorio», e il disgorgante - «mi aveva detto Magnani - era tutt’al più urticante, comunque bruciava ma non così tanto come poteva bruciare un acido».  Ma Alexander? Così racconta Elena Agostoni, flirt che Boettcher impone a Martina in una vacanza partouze a tre in Grecia: «Si, mi ricordo una volta che il Boettcher ridendo e scherzando nella hall dell’albergo disse: questa ragazza per me è disposta a farsi persino la galera...». La ragazza, Martina, ora risponde sul punto: «Si, ma era un contesto di vacanza, scherzoso...». Non era un oscuro disegno da nichilisti da Fight Club. E terrà fermo il punto, c’è da giurarci, anche davanti all’undicesima penale che l’11 l’ascolterà, chiamata dal pm Marcello Musso, proprio al processo in rito ordinario al suo Alex, il re.

marinella.rossi@ilgiorno.net