Si lancia dal quinto piano col figlio, i carabinieri eroi: "Così abbiamo salvato il bimbo"

I due militari al Giorno: "Tutto è durato pochi secondi". Tragedia sfiorata nello sgombero al Corvetto

Carabinieri durante lo sgombero

Carabinieri durante lo sgombero

Milano, 11 novembre 2018 - «Ho notato un movimento strano e mi sono subito avvicinato a quell’uomo: è andata bene, sono riuscito ad afferrare il bambino e a riportarlo in casa». A parlare è l’appuntato scelto del Radiomobile Armando Scarpino, che venerdì mattina è intervenuto nel palazzo di via dei Cinquecento 20 insieme al collega Marcellino Mastrangelo, carabiniere scelto: se non siamo qui a parlare di una tragedia familiare, è merito loro. Ricostruiamo l’accaduto, anticipato ieri dal Giorno. Ore 10.10, siamo in uno stabile popolare al Corvetto. «Siamo stati inviati sul posto per dare ausilio agli ispettori dell’Aler», spiega Scarpino. La sera prima, c’è stata l’ennesima occupazione: un 44enne marocchino regolare e la moglie 22enne italiana si sono introdotti illegalmente in un appartamento vuoto al quinto piano; con loro ci sono anche i due figli di 1 e 2 anni. In questi casi, la procedura standard prevede in primo luogo l’identificazione degli abusivi; poi si offre loro una soluzione alloggiativa alternativa, se disponibile, e nel caso si rifiutino di abbandonare l’abitazione scatta la denuncia per invasione di edifici.

«All'inizio la situazione era tranquilla, sembrava un intervento di routine – prosegue Scarpino –. Sia l’uomo che la ragazza erano tranquilli, sebbene non volessero lasciare l’appartamento». A un tratto, però, i due militari percepiscono che qualcosa sta cambiando: «Il 44enne e la compagna si sono spostati sul balcone, quindi l’uomo ha preso in braccio il figlio più piccolo, di poco più di un anno». A quel punto, Scarpino si muove: supera la tapparella mezza rotta e cerca di avvicinarsi con discrezione, pronto a intervenire in caso di pericolo. Passa qualche secondo, e il marocchino entra in azione: «Con il figlio stretto a sé col braccio destro, ha scavalcato e si è messo a cavalcioni sulla ringhiera, quasi sospeso in aria». Questione di attimi.

La tensione è altissima. «In quel momento – riferisce ancora Scarpino – è stato fondamentale l’affiatamento che il mio collega ed io abbiamo creato in questi due anni passati sempre insieme in macchina». Turni su turni passati gomito a gomito, imparando a conoscere pregi e difetti di chi ti sta di fianco per ore. «Pochissimo tempo per pensare: mi sono detto “Mi devo concentrare sul bambino, se andiamo dritti sull’uomo il piccolo rischia di cadere nel vuoto dal quinto piano”. Un cenno al volo e siamo partiti: io ho preso il bimbo, afferrandolo per il cappuccio della tutina; il mio collega ha abbrancato il 44enne ed è riuscito a metterlo in salvo». Finita qui? «No, perché una volta a terra l’uomo ha iniziato a incitare la moglie: “Bùttati anche tu”, le diceva. Io mi sono voltato verso di lei e ho incrociato per un attimo il suo sguardo, come a dirle “Cosa stai facendo?”. È bastato quello: la ragazza è scoppiata a piangere, ha preso l’altro figlio ed è rientrata in casa». Lei e i due piccoli sono stati portati in comunità, il 44enne è finito a San Vittore con la pesantissima accusa di tentato omicidio aggravato del figlio. «Non mi era mai capitata una cosa del genere in tanti anni di servizio: abbiamo avuto davvero pochissimo tempo a disposizione per ragionare, è andata bene».

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