Pennelli Cinghiale, 40 anni di spot: ora l’imbianchino pedala in Oman

All’orizzonte c’è l’apertura, il 10 gennaio, di uno show room a Muscat, capitale dell’Oman. Ma l’azienda mantovana non rinuncia al suo ambasciatore

Lo spot della Cinghiale

Lo spot della Cinghiale

Mantova, 29 dicembre 2016 - Tornerà a pedalare l’imbianchino con un enorme pennello sulle spalle che da quarant’anni (li compie proprio nel 2017) invade dalla tv le case del Bel Paese. L’azienda che rappresenta, la mantovana Pennelli Cinghiale (la sede storica è nella Bassa profonda, a Cicognara) è decisa a non rinunciare questo potentissimo ambasciatore, conosciuto da tutti gli italiani che hanno una televisione. Quarant’anni di spot: un record assoluto che sintetizza il mix di tradizione e innovazione su cui si basa la fortuna dell’azienda. La Cinghiale è la capofila di un distretto – quello del pennello e della scopa – che è spuntato sin da fine Ottocento tra il Viadanese e il Casalasco, facendo la fortuna negli anni del boom di una miriade di piccoli produttori. C’era la materia prima, saggina e setole, e la tecnica per produrre scope e pennelli era molto simile.

La pacchia continua anche quando le setole arrivano dalla Cina, grazie ai maiali allevati allo stato brado. Ora però la crisi dell’edilizia e altri fattori contingenti hanno piegato, se non messo in ginocchio, il comparto e solo poche aziende, compresa quella del «grande pennello» sono riuscite reggere l’impatto della recessione. Come? Cercando di seguire le orme del fondatore. «Mio nonno Alfredo Boldrini era un innovatore - spiega Eleonora Calavalle, che con la madre Catiuscia Boldrini e la sorella Clio giuda l’azienda - . All’inizio, negli anni Trenta, appena adolescente, andava col fratello più grande a vendere scope su un carretto a cavalli fino in Piemonte. Nel ‘46 inizia a produrre pennelli in un garage e negli anni Cinquanta dirige uno stabilimento con 100 dipendenti». Sono le stagioni di massima espansione dell’azienda fino ai Settanta, quando il cavalier Boldrini s’inventa lo spot che, col simbolo del cinghiale, lancerà il brand della solida ma periferica fabbrica di pennelli. Per realizzarlo si rivolge al mago milanese della pubblicità Ignazio Colnaghi (sue le campagne storiche per Negroni, polenta Valsugana e tante altre). Dal 1977 la Cinghiale non lo cambia più, anche dopo la scomparsa dell’attore protagonista Vincenzo Toma.

E il motto: «Non serve un pennello grande ma un grande pennello» entra in tutte le case. «Quanti negli anni Settanta facevano pubblicità – si chiede con orgoglio la nipote Eleonora – mio nonno guardava avanti e anche noi cerchiamo di farlo». Per resistere alla tempesta che ha scosso il mercato immobiliare, si punta su nuovi prodotti e nuovi mercati. Il marchio si estende alla produzione di idropitture e commercializza scarpe tecniche da lavoro completamente made in Italy. Il canale esclusivo dei nuovi prodotti è la grande distribuzione specializzata o generalista, mentre la linea dei pennelli è distribuita a tutti, a cominciare dai colorifici. C’è poi il capitolo dell’accesso a nuovi mercati. Accanto a quelli tradizionali dell’Europa Occidentale (una curiosità, la Cinghiale è popolarissima alle Canarie dove vende il pennello tipico di quelle isole, le “pinceletas”), le prospettive sono in Medio Oriente. All’orizzonte c’è l’apertura, il 10 gennaio, di uno show room a Muscat, capitale dell’Oman, dove lavorerà anche un architetto italiano in grado di soddisfare i capricci dei ricchi abitanti dell’Emirato. Che sarà un trampolino di lancio verso i mercati del Golfo Persico e l’Iran, piazza che tanti imprenditori italiani sognano.