Incinta a 13 anni: mamma accusata di violenza sessuale. “Ma mia figlia con la sua bimba è felice”

Parla la 50enne di Verona che il 21 novembre saprà se verrà prosciolta o andrà a processo al tribunale di Mantova per aver “istigato la minore ad accondiscendere alle richieste del fidanzato”

La donna veronese con il suo avvocato Marcello Manzato

La donna veronese con il suo avvocato Marcello Manzato

Mantova – "Non mi sarei mai aspettata di vedermi cadere addosso un'accusa del genere. So che non ho commesso niente di quello di cui sono accusata. So che mia figlia è felice vicino al suo compagno e alla loro bambina. Sono sempre stata contraria all'aborto e anche mia figlia lo è. A mia figlia lo dicevo sempre, che non doveva affrettare i tempi, che ogni stagione ha il suo frutto. Ma si sa come sono i ragazzi, appena volti l'occhio fanno quello che vogliono".

Non riesce a trattenere le lacrime mentre parla nello studio del difensore, l'avvocato veronese Marcello Manzato. Il 21 novembre Elisa Z., una donna cinquantenne che vive in un centro in provincia di Verona, saprà se verrà prosciolta o andrà a processo davanti al tribunale di Mantova con un'accusa infamante per una figura materna: violenza sessuale ai danni della figlia, in particolare per avere "quale madre della persona offesa istigato la minore infra quattordicenne ad accondiscendere alle richieste del fidanzato".

Storia di due anni fa. Lei all'epoca ha tredici anni, lui diciannove. Un'amicizia nata dalla frequentazione delle famiglie che si trasforma in relazione sentimentale. La nascita di una bambina che oggi ha sedici mesi. Un ménage che prosegue felice. Ma il giovanissimo padre è davanti al giudice dell'udienza preliminare per un reato che prevede una condanna dai sei ai dodici anni di reclusione. Questione di una manciata di mesi (otto per l'esattezza), la ragazza avrebbe toccato il quattordicesimo anno di età e non si sarebbe configurato nessun reato. Teatro giudiziario il tribunale di Mantova perché i primi incontri della coppia sarebbero avvenuti nell'abitazione della sorella maggiore di lei, in un comune della provincia virgiliana, dove all'epoca alloggiava temporaneamente anche la madre.

"Le nostra famiglie sono molto legate. Mia figlia grande ha sposato il fratello del ragazzo. Abitavamo nella stessa palazzina, io all'ultimo piano, mia figlia maggiore al secondo piano con il marito, i miei consuoceri al primo. Grande amicizia. Vacanze insieme. Mia figlia piccola scendeva dal ragazzo per giocare con la playstation, per fare una passeggiata. L'unica cosa che potevo dirle era 'Mi raccomando'. Nell'estate del 2021 erano in vacanza a Rimini. Sono andata a prendere mia figlia e ho capito che qualcosa era cambiato, che con il ragazzo era nata una simpatia. Non smettevo di ripeterle: 'Non bruciare i tempi, sei giovane, non bruciare le tappe, non affrettare le cose, c'è un tempo per tutto'. Quando mi ha annunciato di essere incinta la prima cosa le ho detto è stata 'Spostati da me'. Poi ho ragionato. Sono scesa dai consuoceri. Abbiamo parlato e dopo abbiamo chiamato i ragazzi. Qualcuno ha pronunciato la parola 'aborto'. C'è stato subito il 'no' sia di mia figlia sia mio. Alla fine abbiamo deciso che avremmo fatto i nonni, contenti di farlo".

"Io vivo sola. Lavoro. Non sarei stata in grado di accudire i due minori. Con i servizi sociali si è trovato l'accordo perché mia figlia stesse nella famiglia dei miei consuoceri, dove lei e la bambina possono essere accuditi. Per me, come mamma, è stata una decisione pesante ma giusta. Adesso sono in Calabria, nel paese di origine della famiglia del ragazzo. Lei studia, lui lavora".

La figlia al tempo frequenta le medie. Dalla scuola parte la segnalazione della gravidanza diretta ai servizi sociali. Si innesca l'iter giudiziario. "Ero consapevole - prosegue la nonna - che sarebbe successo qualcosa, che avrei avuto davanti un certo percorso. Mi hanno chiamata i carabinieri, mi hanno messo in mano un foglio e detto di andare da un avvocato. Mai avrei immaginato di essere accusata di una cosa del genere, di essere costretta ad avere paura di una condanna, addirittura del carcere".

"Mi chiedo - dice l'avvocato Manzato - dove sia la violenza. Mi chiedo dov'è l'istigazione. Nella relazione degli assistenti sociali non se ne parla. È una imputazione che sono andati a cercare con il lanternino".