"Sono pentito e chiedo scusa"

Il presunto orco di Codogno scrive dal carcere ai propri avvocati. Ma per il pm merita 17 anni

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di Carlo D’Elia

"Mi pento e chiedo scusa per quello che è successo". Dal carcere di San Vittore, dove è rinchiuso dal 18 giugno 2019, il 50enne di Codogno accusato di aver avuto rapporti sessuali in casa sua con tre ragazzine di 13 anni nell’estate 2017, ha inviato numerose lettere dirette ai suoi avvocati. L’uomo, invalido civile sofferente di importanti patologie psichiche che gli impediscono di uscire di casa da quando aveva 15 anni, dopo oltre un anno di detenzione ha chiesto perdono alle vittime per tutto quello che è accaduto.

Intanto, il processo davanti al Tribunale di Lodi è alle battute finali. Martedì il pubblico ministero Alessia Menegazzo, che rappresenta la Procura di Milano (che più di un anno fa ha coordinato l’attività investigativa) ha chiesto per il presunto pedofilo, accusato di violenza sessuale, corruzione di minore, sostituzione di persona e infine produzione e detenzione di materiale pedopornografico, una condanna a 17 anni di reclusione e 90mila euro di risarcimento per le tre vittime.

Richieste pesanti, almeno per l’avvocato del 50enne, Anna Tornielli, che ha portato in aula tanti elementi per ricostruire la bruttissima vicenda che ha scosso il Basso Lodigiano.

Secondo l’accusa l’imputato come strumento di costrizione avrebbe utilizzato due falsi profili social di ragazze coetanee delle vittime usando Instagram e Whatsapp, e inscenato il suicidio di una di queste ragazzine inesistenti, “la cattivissima Giulia“, inviando a una delle vittime la foto di una bambina con le braccia fasciate, facendo credere che ciò era avvenuto perché le richieste di “pratiche magiche“, in realtà violenze sessuali, non erano state del tutto esaudite. Per la difesa, invece, la vicenda non sarebbe andata proprio così. "Il profilo con il nome Giulia esisteva, ma non veniva utilizzato dal nostro assistito per convincere le presunte vittime a concedersi a lui – sottolinea il legale del 50enne di Codogno – Le ragazzine infatti conoscevano già il loro presunto carnefice perché a una delle minorenni faceva ripetizioni e non sono mai state obbligate a fare nulla. L’imputato ha chiesto scusa alle vittime per quello che è accaduto nell’appartamento. Ma non ha mai minacciato nessuno. In carcere ha intrapreso anche un percorso psicologico per provare a superare questi problemi. È giusto che paghi per quello che effettivamente ha fatto, ma non per accuse infondate. Le stesse ragazze dicono che non erano così convinte dell’esistenza di Giulia".

Un altro punto debole dell’accusa sarebbe proprio quello delle date: lo stesso imputato ha affermato che il tutto si sarebbe realizzato tra la fine del 2017 gli inizi del 2018, quando la madre morì, ed egli si trovava in uno stato di disperazione e prostrazione assoluta. L’accusa invece fa risalire appunto il primo caso al 2015. Nel fascicolo del processo sono finiti anche i filmati raccolti dall’uomo delle presunte violenze avvenute nell’appartamento dove abita. Si tratta di materiale video che, secondo l’accusa, il 50enne avrebbe utilizzato per ricattare le ragazzine, obbligandole a mantenere il silenzio in questi anni.

Per la difesa invece i video potrebbero essere la prova che i rapporti sessuali con le adolescenti erano "del tutto consenzienti". L’ultima parola spetterà ai giudici. La sentenza è attesa il 6 ottobre.