Coronavirus, Stefano Valcher: dai libri subito in ambulatorio per aiutare

Ha 25 anni, è uno dei neo-laureati che entrerà in servizio contro il virus

Stefano Valcher 25 anni di Lodi

Stefano Valcher 25 anni di Lodi

Lodi, 23 marzo 2020 - Stefano Valcher, 25 anni, è laureato in Medicina da luglio. Da qualche giorno all’improvviso è diventato medico. Un passaggio diretto dai libri al campo deciso dal Governo con il decreto Salva Italia, certo è un’opportunità, ma "da affrontare con un particolare senso di responsabilità perché i limiti per noi senza specializzazione sono grandi". Ora aspetta il via libera dall’Ordine dei medici di Lodi, che dovrà decidere quando avverrà l’iscrizione all’Albo. Solo da quel momento potranno essere assegnati agli ambulatori che necessitano un ricambio. Come lui sono già una ventina i neo-dottori under 30 che dal Lodigiano sono pronti a dare un contributo per aiutare il territorio ad affrontare in trincea l’emergenza sanitaria legata al coronavirus.

"Ho deciso subito di dare il mio contributo – spiega il lodigiano Stefano Valcher –. Noi neolaureati abbiamo studiato tanto e, anche se al momento non abbiamo grande esperienza in corsia, possiamo dare una mano dove ci verrà chiesto per gestire questa enorme emergenza sanitaria. Personalmente dentro di me prevale la voglia di aiutare i cittadini e i colleghi che da settimane stanno affrontando il virus. Io, come gli altri giovani colleghi, daremo un contributo, seppur piccolo".

I nuovi arrivati potranno supportare il lavoro dei medici di famiglia negli ambulatori (nel Basso Lodigiano con il decesso di quattro dottori per Coronavirus sono rimasti senza medico 5mila cittadini) o garantire la continuità assistenziale nei servizi di guardia medica. "Naturalmente non mi sento in grado, e oggettivamente non sono in grado, di lavorare in reparti di terapia intensiva o rianimazione – spiega Valcher –. Anche se il Governo mi ha riconosciuto l’abilitazione senza dover fare il test scritto non ho la formazione per far fronte a casi clinici gravi. Posso invece occuparmi della continuità assistenziale, un servizio in questo momento fondamentale per i cittadini rimasti senza un medico di famiglia o che hanno difficoltà a essere visitati".

Tra le possibilità elencate nel decreto c’è anche l’impiego nelle strutture di pre-triage nate negli ospedali per valutare i casi sospetti di Coronavirus, ma non si potranno occupare della gestione dei casi positivi. Insomma, un servizio in prima linea con rischio di contagio elevato. "Non sono spaventato – conclude –. La mia è stata una scelta libera, perché nessuno mi ha obbligato a mettermi a disposizione in questo momento".