Codogno, il primo pensionato Amazon d’Italia

Il racconto: ho iniziato con un contratto di 4 giorni. Poi mi hanno tenuto

Giuseppe Tonani

Giuseppe Tonani

Codogno (Lodi), 8 marzo 2019 - Dal primo aprile sarà ufficialmente in pensione. Giuseppe Tonani, 65enne (ne compirà 66 proprio ad aprile) di Codogno è il primo dipendente di Amazon in Italia a raggiungere il traguardo della conclusione dell’attività lavorativa. Era assunto nel centro di distribuzione che il colosso americano ha aperto a Castel San Giovanni, nella vicina provincia di Piacenza. Giuseppe è sposato ed ha un figlio di 33 anni. Dal 22 febbraio è già a casa in attesa che poi scatti la quiescenza.

Signor Giuseppe, quando è entrato esattamente in Amazon?

«Era il 20 agosto 2012».

Come è andata?

«Prima lavoravo come elettricista in un’azienda di Corsico. Poi il titolare si è ammalato e ha dovuto alzare bandiera bianca. Così, da un giorno all’altro, mi sono trovato a piedi. Senza più lavoro. Per un anno sono stato in grossa difficoltà, mi creda. Non sapevo proprio più dove sbattere la testa. Poi, grazie a un’agenzia interinale ho ricevuto una proposta da Amazon. All’inizio erano solo quattro giorni di lavoro. Ma io ho pensato: meglio che stare in casa sul divano»

E così...

«E così sono diventati sei anni e mezzo. Mi hanno sempre rinnovato i contratti e adesso mi hanno portato fino alla pensione»

Di cosa si occupava in Amazon?

«Appena entrato, come avviene sostanzialmente per tutti, mi occupavo di impacchettamento, di ordini e spedizioni. Poi un responsabile mi ha chiesto se volessi cambiare ruolo e occuparmi di piccole manutenzioni e di controllare che tutto nel capannone funzionasse secondo le regole. In particolare dal punto di vista della sicurezza, per evitare che si verificassero infortuni sul lavoro».

Faceva i turni?

«Sì, lavoravo dalle 6 alle 14 oppure dalle 14 alle 22»

Niente notti?

«No, perché avendo avuto un infarto in passato ero esonerato»

Si sente dire che in Amazon i ritmi di lavoro sono disumani, lei cosa ne pensa?

«Io ho sempre lavorato fin da giovane nella mia vita. E posso dire che i ritmi di lavoro erano alti anche da altre parti. Ho lavorato all’estero, in Arabia, Iran, Iraq e in quella che una volta era la Cecoslovacchia e posso dire che le condizioni non erano molto diverse. È vero, in Amazon c’è chi dice che non si riesce neppure ad andare in bagno. Ma personalmente sulla mia pelle questa cosa non l’ho mai vissuta. Tra i colleghi c’è chi la pensa come me e chi invece no. Dipende un po’ dalle persone e dalle esperienze che uno vive».

Adesso come passerà le giornate?

«Ho già ricevuto gli ordini di mia moglie: passare l’aspirapolvere e lavare i piatti. Forse i ritmi saranno anche più duri di quelli di Amazon...»

Cosa le mancherà di più?

«L’amicizia che si era venuta a creare all’interno. I colleghi mi chiamavano “Babbo Natale” o “zio”. Faceva piacere. Resto comunque in contatto con loro. Anche stamattina mi hanno mandato messaggi».