Lecco, poliziotto morto in servizio: 5 ore perse nei soccorsi

Le registrazioni dei soccorritori di Francesco Pischedda, precipitato dal viadotto, svelano molta confusione: "Qui c’è un grosso problema"

Francesco Pischedda

Francesco Pischedda

Lecco, 11 marzo 2019 - Cinque ore e mezza, trecentoventotto interminabili minuti durante i quali avrebbe potuto forse essere salvato, proprio come il ladro che inseguiva, ma che invece all’agente scelto della polizia stradale di Bellano Francesco Pischedda, che dieci giorni più tardi avrebbe compiuto 29 anni, sono costati la vita, dopo essere stato lasciato a lungo sotto il ponte del cavalcavia della superstrada da cui è precipitato ed essere stato sballottato da un ospedale all’altro.

La prima telefonata agli operati di Areu è delle 20.27: è la sera del 2 febbraio 2017, un giovedì, è buio, fa freddo e piove a dirotto. Le informazioni sono frammentarie e confuse, i colleghi del giovane agente chiedono ai soccorritori di sbrigarsi e di «mandare urgentemente un’ambulanza». Pischi, come lo chiamano gli amici, è caduto una decina metri di altezza nel tentativo di bloccare un fuggitivo intercettato sulla 36 all’altezza di Piona a bordo di un Fiat Doblò rubato. L’agonia del poliziotto è negli atti dell’inchiesta per omicidio colposo che “Il Giorno” ha consultato.

Le informazioni sul luogo esatto e sul numero dei feriti sono pocoo chiare, le chiamate dei colleghi e dei residenti della zona si accavallano e si contraddicono, ma alle 20.42 sul posto, in via al Chiarello di Chiaro di Colico, sotto il cavalcavia, arrivano i volontari della Croce rossa di Colico e alle 20.58 il medico e l’infermiera dell’automedica di Bellano. Ci si rende subito conto che non bastano, i feriti gravi sono due, ma i componenti dell’equipe medica di Nuova Olonio che potrebbero intervenire di supporto sono impegnati altrove. «Si tratta due pazienti in codice rosso in politrauma totale e polifrattura ma coscienti», riferisce alle 21.27 il medico sul posto alla centrale operativa. Le comunicazioni sono difficili, i cellulari prendono male e il dottore che sovraintende ai soccorsi fatica a farsi intendere. Alle 21.30 dalla sala operativa del 118 decidono comunque di inviare il ladro a Lecco, il poliziotto a Gravedona perché ritenuto meno grave, nonostante l’«addome duro e teso come una tavola», segno di una emorragia.

L’infermiera avvisa che il poliziotto deve essere accompagnato dal medico che però viene dirottato con il ladro, mentre da Gravedona avvertono che potrebbero non essere in grado di assistere un paziente in quelle condizioni. Intanto il tempo scorre e Francesco è ancora lì. Solo alle 21.47 la sua ambulanza parte e alle 22.23 arriva a Gravedona dove capiscono che quello non è l’ospedale adatto: «Abbiamo un grosso problema all’ospedale di Gravedona, un ragazzo di 29 anni, intubato, è un politrauma, con lesione dell’aorta toracica, c’è bisogno al volo di una sala operatoria». Bisogna fare in fretta, occorrerebbe l’eliambulanza, ma il tempo è brutto e l’elisoccorso «è chiuso», il paziente viene trasferito in autoambulanza. È scoccata la mezzanotte, dopo un viaggio disperato di altri 56 chilometri Pischi all’1.09 arriva a Lecco e viene portato in sala operatoria. Ormai però è tardi, all’1.55, quasi cinque ore e mezza dopo la prima richiesta di soccorso, viene dichiarato morto.