Pizzo del Diavolo, l'alpinismo perde il sorriso di Matteo: "Ciao Berna"

Protagonista di tante avventure con i Ragni di Lecco. Alcune pareti della Patagonia portano la sua firma e lo ricorderanno per sempre

Matteo Bernasconi

Matteo Bernasconi

Lecco, 14 maggio 2020 - “Il Berna” mancherà immensamente ai suoi amici perché la sua allegria era contagiosa. Mancherà al mondo dell’alpinismo e ai tanti appassionati perché era uno degli uomini di punta dei Ragni di Lecco. Matteo Bernasconi, 38 anni, è stato portato via da una valanga mentre da solo risaliva uno sperduto canale delle Orobie Valtellinesi, quello della Malgina sul Pizzo del Diavolo. Un incidente che lascia senza parole. Era uno scalatore completo, in grado di affrontare il ghiaccio sottile e le alte difficoltà sulle “big wall” in giro per il mondo, su alcune delle quali ha lasciato la sua firma. Il ricordo più bello sarà sempre avvinghiato alla verticalità delle montagne della Patagonia. Alcune delle sue vie (spesso il risultato di un lavoro di gruppo), lo ricorderanno. Sono pagine della storia dell’alpinismo e raccontano tanto della determinazione di quello scalatore riccioluto e all’apparenza scanzonato. Coloro che hanno avuto la fortuna di legarsi con lui in una delle tante avventure, staranno di sicuro pensando al Berna fermo in sosta con centinaia di metri di vuoto sotto, mentre sorride con l’immancabile sigaretta in bocca.

Nato nel 1982, Bernasconi era nei Ragni dal 2003. Era cresciuto alpinisticamente nel giro della Val Masino con gli altri del gruppo, come Simone Pedeferri, e aveva subito dimostrato una passione infinita per il mondo verticale. Era una roccia e non si tirava mai indietro. «Dopo l’ingresso nel gruppo era stato subito uno dei protagonisti del lungo assedio al Cerro Piergiorgio e doveva essere anche nella squadra dell’assalto finale se non fosse stato per un incidente», ricorda Alberto Pirovano, ex presidente dei Ragni e presidente del Cai Lecco. 

Nel 2008, a 26 anni, volle poi ripercorrere la storia del gruppo alpinistico. In Italia nessuno aveva più ripetuto la via dei Ragni aperta nel ’74 e così decise di partire, insieme a Fabio Salini, senza troppe informazioni. «Se il gruppo mi paga il biglietto, lo dico ai miei e magari li convinco», disse. «Ricordo che recuperammo i soldi per il volo ma non aveva nemmeno una cartina e una relazione della via. Mi chiese qual era il percorso per raggiungere la parete Ovest del Cerro Torre del Passo Marconi - continua Pirovano - Una settimana dopo erano in cima al Torre. All’inizio non ci credevamo».

Da quel momento in poi la Patagonia e le grandi pareti di granito diventarono parte della sua storia. Fra il 2010 e il 2013 con Matteo della Bordella e poi Luca Schiera fu protagonista dei durissimi tentativi di risolvere l’inviolata parete Ovest della Torre Egger. In uno di questi lui e Della Bordella rimasero appesi a un friend dopo un brutto volo nella parte alta della parete. Diventò guida nel 2011. Nel 2017, sempre con Matteo Della Bordella e David Bacci aprì una nuova via sulla parete est del Cerro Murallon. Durante l’ultimo inverno era tornato di nuovo in Patagonia. Con Matteo Della Bordella e Matteo Pasquetto, ha aperto una nuova via sulla nord dell’Aguja Standhardt, poco prima di ripetere la Via del 40esimo dei Ragni di Lecco sulla Poincenot. «Mi ha sempre impressionato perchè era tanto goliardico e confusionario quanto serio e severo quando c’era da gestire la sicurezza dei clienti e dei suoi allievi. Diventava molto preciso e metodico. Martedì però era da solo. Dopo questo periodo di chiusura aveva voglia di andare», ricorda Pirovano.