Allarme per il grande faggio del Piancone: ha quasi 400 anni e rischia di crollare

Lecco, il “Fondon” verrà imbragato con tiranti: "Non è malato, è solo vecchio"

Il faggio del Piancone

Il faggio del Piancone

È anziano , molto anziano. Ed è tanto fragile. Il grande faggio del Piancone rischia di cedere sotto il peso dei suoi quasi 400 anni e dei suoi rami nodosi grandi come tronchi, con cui, nel corso dei secoli, ha regalato ombra ai pastori stanchi che portavano le loro greggi e le loro mandrie al pascolo sulle pendici delle Pizzo d’Alben, ai soldati in presidio del territorio o affaticati dalle lunghe marce magari per raggiungere qualche lontano fronte, ai commercianti di passaggio verso i paesi della Valsassina o della Bassa Valtellina, ai pellegrini diretti chissà dove, ai partigiani che combattevano per la libertà e che ora offre un riparo agli escursionisti della Val Marcia, a monte di Casargo. Per sorreggerlo e permettergli di continuare a dominare le vallate e gli alpeggi della zona verrà imbragato con tiranti e cavi metallici che lo aiuteranno a ergersi fiero ancora a lungo.

"È proprio come una persona molto anziana – racconta il sindaco di Casargo Antonio Pasquini -. Non è malato, è semplicemente vecchio. Come per i nonni molto avanti negli anni che devono essere assistiti per impedire che cadano e si fratturino un femore, dobbiamo proteggerlo e preservarlo, per evitare che collassi per la sua stessa stazza".

A parte una fronda purtroppo già spezzata e al pericolo che si trascini dietro l’intera pianta, non sono stati fortunatamente evidenziati altri problemi che possano compromettere il suo stato di salute. A formulare la diagnosi e stabilire la terapia sono stati un agronomo e i carabinieri della Forestale di Margno. Per escludere ulteriori complicanze, nei mesi scorsi hanno sottoposto il faggio a un vero e proprio check up, con tanto di tac sonica: gli accertamenti hanno fugato ogni dubbio su possibili patologie vegetali o sull’infestazione di funghi o parassiti.

Nonostante il sospiro di sollievo per l’assenza di malattie, la prognosi resta comunque infausta, perché il faggio sta giungendo alla fine del suo ciclo vitale naturale. Per un monumento verde che affonda le radici nel Settecento l’esistenza non si misura però in anni, ma in decenni, ed è probabile che, grazie alle cure, il Fondon – come lo chiamano i valligiani - continui a regalare ombra, riparo e bellezza per molto tempo ancora.