Galbiate, in affari con il clan: chiusa un’altra pizzeria

Sigilli alla 'Beatles' per un’interdittiva antimafia. Le due titolari avevano assunto il padre, già arrestato in Oversize

Il prefetto Michele Formiglio

Il prefetto Michele Formiglio

Galbiate (Lecco), 24 giugno 2020 - Pizza, mafia e mandolino. La pizza è da asporto, la mafia è quella della ‘ndrangheta e il mandolino, almeno nell’insegna, ha lasciato il posto ai Beatles. Mancherebbe solo il mare, ma il lago di Garlate da una parte e di Annone dall’altra sembrano valide alternative per completare l’ambientazione.

La chiusura a Galbiate della pizzeria Beatles, come i quattro musicisti di Liverpool le cui foto tappezzano il locale, per il sospetto di possibili infiltrazioni mafiose non è però la trama di una pellicola cinematografica sulla criminalità organizzata, è una storia vera, sebbene i “protagonisti“ sono sempre più o meno gli stessi sulla scena della provincia di Lecco. La pizzeria è infatti di Celeste e Lucia Alcaro, sorelle di 29 e 36 anni, titolari della società Luce Srls e figlie di Valentina Trovato e Luigi Alcaro. La loro mamma, classe 1963, è la sorella minore del 73enne Franco Coco, cioè il capo dei capi della picciotteria lecchese che sta scontando il fine pena mai in un carcere di massima sicurezza al 41 bis dopo essere stato catturato nel ‘92 nell’ambito dell’inchiesta Wall Street e del suo delfino 70enne Mario pure lui in prigione dopo essere stato arrestato nel 2014 nell’indagine Metastasi. Il loro papà, classe 1953, è stato invece condannato in via definitiva a 10 anni e 6 mesi per traffico di droga dopo essere stato arrestato nel 2003 nella retata di Oversize e che, come risulta dalle trascrizioni delle intercettazioni riportate negli atti giudiziari, ha teorizzato la grandezza del clan Trovato e la necessità di riunire e raggruppare tutti i parenti e gli amici passati e presenti per dimostrare che la loro dinastia non sta tramontando nonostante le manette, le inchieste e le confische.

Le due giovani sorelle ristoratrici, che hanno preso le redini dell’attività nel 2017, sono entrambe incensurate né si sono mai sporcate le mani e soprattutto la fedina penale negli affari di famiglia. I cognomi dei loro genitori tuttavia pesano parecchio, specialmente quello del padre, che hanno coinvolto direttamente nell’attività assumendolo alle loro dipendenze. A decretare la serrata della pizzeria è stato il prefetto di ferro Michele Formiglio con un provvedimento interdittivo antimafia per i sospetti più che fondati di possibili infiltrazioni e che a gestire il locale non siano le due figlie, ma i genitori. È l’ottava interdittiva antimafia firmata dal prefetto, che per questo ha ricevuto anche inquietanti messaggi intimidatori.

«È un provvedimento adottato dopo approfondita istruttoria svolta dai componenti del gruppo interforze antimafia provinciale di cui fanno parte carabinieri, militari della guardia di finanza, agenti di polizia e investigatori della Dia – spiega lui, che preferisce parlare con atti concreti più che con i discorsi -. L’obiettivo è salvaguardare chi agisce in maniera legale da quanti invece hanno un rapporto di collegamento qualificato con gli esponenti del crimine organizzato". Dagli accertamenti sono emersi pure altri elementi preoccupanti, come i precedenti di un pizzaiolo e di altri dipendenti e alcune frequentazioni pericolose.