ANDREA MORLEO
Cronaca

Fase 2, un salto indietro di 2 mesi: Lecco ritorna a vivere

Molte attività commerciali hanno ripreso dopo il lunghissimo lockdown. Tanti i cittadini per le vie del centro nel primo giorno di quasi normalità

Piazza XX Settembre

Lecco, 19 maggio 2020 - Mascherine a parte, è come se le lancette dell’orologio fossero state magicamente riportate a più di due mesi or sono. Nella mattinata di ieri il centro città ha cominciato ad assumere una parvenza di normalità: parecchie attività commerciali aperte, persone sedute ai tavolini del bar per un caffè, musica diffusa e signore a sgomitare per la tanto attesa messa in piega. Tutti accompagnati da un sorriso liberatorio che da solo può contribuire a scacciare i fantasmi del lungo lockdown.

«Hanno riaperto in realtà il 30-40% dei bar - ci spiega Marco Caterisano, presidente provinciale Fipe - ma comunque resta un segnale positivo perché tutti queste persone in giro infondono speranza dopo giorni di totale deserto". Questo non significa che i pubblici esercenti lecchesi scoppino di gioia, anzi qualcuno storce il naso per protocolli di difficile attuazione e spesso in palese ritardo.

«Le modalità imposte per la riapertura hanno ripercussioni sulla quotidianità che non vanno trascurate. In alcuni casi non sono chiare come ad esempio l’obbligo imposto da Regione Lombardia anche per i baristi di misurare la temperatura corporea ai clienti seduti ai tavoli". "Come Fipe abbiamo chiesto di togliere alcune di queste misure nei bar e di ritonare sul protocollo originale adottato dalle Regioni". Ci sono anche limitazioni che i pubblici esercenti insistono affinché vengano eliminate. "Il distanziamento tra congiunti va di sicuro tolto - dice Caterisano -: se vado a mangiare con la mia famiglia, i miei figli e mia moglie non devono essere costretti a stare a un metro perché si presume che conosca il loro stato di salute. Altrimenti così si disincentivano le persone ad uscire e non facciamo ripartire l’economia. Poi è normale che alcune aziende si adatteranno meglio alle limitazioni e altre meno ma questo è fisiologico".

La preoccupazione tra gli imprenditori del settore resta comunque molto alta. "La Regione ha messo in piedi un bando da 18 milioni di euro a fondo perso per sostenere anche bar e ristoranti, va benissimo ma c’è sempre il problema dell’eccessiva burocrazia: occorre snellire le procedure altrimenti ci perdiamo dietro le carte". Gli oltre due mesi di chiusura forzata hanno lasciato il segno. "Chi ha fatto take-away è riuscito a perddere il 70-80% del fatturato, gli altri il 100%. Per chi aveva deciso di fare investimenti facendo una stima sugli incassi mensili potrebbe essere una mazzata. Vedremo ma di sicuro serviranno delle misure di sostegno economico per le attività che continueranno a soffrire per molti mesi".