Paderno d'Adda, Don Marco ridona il sorriso ai bimbi disabili di Nazareth

L’impegno del missionario alla Holy Family School

Marco Riva missionario a Nazareth

Marco Riva missionario a Nazareth

Lecco, 9 novembre 2017 -  «Cristiani, ebrei, musulmani, alla Holy Family School, in Terra Santa, accogliamo quasi duecento bambini, disabili, anche gravi, di religioni diverse. Differenze che nella cura e l’assistenza di piccoli e ragazzi che vengono da noi, sono ininfluenti». Così Abuna (padre in arabo) Marco, come lo chiamano assistenti e genitori degli ospiti dell’istituto don Guanella di Nazareth, ha raccontato nell’omelia della Festa di Cristo Re l’esperienza che da oltre venticinque anni lo vede impegnato nella cittadina israeliana che aveva visto crescere Gesù Cristo. Padre Marco Riva, originario di Paderno d’Adda, è in Italia per l’incontro provinciale dei guanelliani. Durante la messa non dimentica mai i ragazzi che ha lasciato nell’istituto a cento metri dalla chiesa dell’Annunciazione a Maria, che i guanelliani hanno in gestione. Una scuola nata nel 1975 e sostenuta dal governo israeliano dove sono accolti ogni giorno 195 bambini e ragazzi fino ai 21 anni, il 90% musulmani con varie patologie: dalla sindrome di Down, all’autismo e spina bifida. Insieme alle aule per la didattica, l’Holy Family School dispone di laboratori per arte e falegnameria, una piscina per l’idroterapia e uno spazio verde che è diventato giardino-terapia.

«Quello che vogliamo offrire ai nostri ragazzi è una vita serena, dignitosa. Ma non possiamo fermarci qui: insieme alla didattica ci deve essere molto di più. Per i nostri 160 operatori, tutti con grande professionalità, l’affetto verso i ragazzi è il valore aggiunto che non deve mancare. Come cristiani poi, non possiamo che impegnarci perchè le nostre relazioni siano l’espressione di quello che diciamo ogni giorno: seguire Cristo significa dare valore a ogni uomo. Sono peraltro convinto che è proprio il rapporto quotidiano con i bambini a farci capire cosa conta davvero nella vita: non pochi di questi piccoli, avranno un’esistenza breve, perciò dobbiamo dare loro tutto l’affetto che ci chiedono. I loro sguardi, lo dicono, anche senza le parole».