Il Lago di Como, come gli altri laghi prealpini, è popolato da decine di specie autoctone, anche se in percentuale diversa, a seconda del contesto: agone, luccio, trota lacustre, barbo, vairone, savetta, cavedano, pigo, triotto, scardola. alborella, cobite, anguilla, bottatrice, persico, cagnetta e ghiozzo. I Romani hanno, in seguito, introdotto, come specie alloctone, la carpa e la tinca, visto che apprezzavano il gusto delle loro carni. Al giorno d’oggi, però, questi pesci non sono molto richiesti sul mercato perché richiedono una pulizia accurata e difficoltà di preparazione. Ma l’introduzione di carpa e tinca non ha inciso sull’ecosistema del lago esattamente come non ha inciso l’introduzione del lavarello, o coregone, e della mondella, cosa che è stata fatta in modo scientifico agli inizi del 1900 grazie al prof. Marco De Marchi. L’introduzione del lavarello e della mondella aveva la funzione di aumentare il pescato nei laghi e il suo consumo. A Fiumelatte, in provincia di Lecco, è ancora in funzione l’incubatoio, tra l’altro visitabile da parte delle scuole, intitolato allo stesso Marco De Marchi. Fino a qualche decennio fa, il settore ittico sul Lago di Como e degli altri laghi era molto fiorente: erano numerosissimi i pescatori di professione ed era consistente il livello di consumo di pesce di lago. Ma, purtroppo, non tutte le specie alloctone introdotte nei laghi,nel corso degli anni, hanno portato vantaggi: è il caso del pesce siluro e del gardon. Inizialmente introdotti come spazzini dei fondali o per pesca sportiva nei piccoli laghetti (come nel Lago di Pusiano o nel Lago di Annone), si sono adattati perfettamente all’habitat dei laghi, riproducendosi in grande quantità, frenando la diffusione delle specie autoctone e portando parassiti: in una parola, si rischia di alterare la biodiversità dell’ecosistema lago. Il siluro è un formidabile predatore, rivale imbattibile anche per i predatori autoctoni, in modo ...
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