Regionali Lombardia, il politologo Pasquino: "È un voto nazionale, primo test per Meloni"

L'analisi del professore emerito di Scienza Politica all’Università di Bologna

Gianfranco Pasquino, 80 anni

Gianfranco Pasquino, 80 anni

Professore emerito di Scienza Politica all’Università di Bologna, sui suoi testi hanno studiato generazioni di universitari. Una vita in cattedra, la sua, ora compendiata nell’autobiografia Tra scienza e politica (Utet). Con Gianfranco Pasquino affrontiamo, allora, il prossimo appuntamento elettorale.

Pasquino, che idea si è fatto della campagna elettorale per le Regionali lombarde?

"Queste Regionali possono essere interessanti per più motivi. La somma dei voti riscossi da Moratti e Majorino sarà superiore ai voti riscossi da Fontana e apparirà chiaro, quindi, come la mancata alleanza tra i due sia stata un’occasione persa. L’altro aspetto interessante è la peculiarità della campagna della Moratti, che deve giocare molto sul suo profilo personale e sulla sua capacità di governo. Questa campagna può essere l’occasione per definire una nuova visione della Lombardia in più aree, a partire dalla sanità".

Lei condivide la rappresentazione di una Lombardia in declino?

"No. La sanità lombarda non ha retto la prova della pandemia e deve essere ripensata, ma la Lombardia resta una regione dinamica, competitiva, capace di innovazione ed europea. Non credo che i lombardi debbano piangere su un primato perduto, ma devono pretendere che questo primato sia difeso ed esercitato meglio".

Si teme un’alta astensione.

"Se gli elettori non vanno a votare, la colpa è dei partiti e dei loro leader".

Quale segnale potrebbe arrivare da queste elezioni?

"Sono un primo test per il Governo nazionale, un test intermedio che restituirà un giudizio su questi primi mesi dell’esecutivo. Meloni fa bene a dire e a pensare che il voto locale conterà anche a livello nazionale. Vanno alle urne due regioni chiave: la Lombardia, il traino economico del Paese, e il Lazio, la regione della capitale. Quanto alle dinamiche interne alle coalizioni e ai partiti, è chiaro che sarebbe un terremoto se FdI in Lombardia, nella culla della Lega, dovesse avvicinarsi al 30% dei voti, lasciando al Carroccio il 10% dei consensi o poco più".

Pensa che avverrà?

"L’elettorato della Lega è un elettorato pensante e meno ideologico di quanto qualcuno voglia far credere. È un elettorato che guarda all’Europa, che ha tutto l’interesse a guardare all’Europa, e guarda meno ai migranti che sbarcano sulle nostre coste in cerca di una vita migliore. Mi pare che Salvini non abbia ancora trovato il bandolo della matassa: è molto attivo, ma poco efficace. Meloni, al contrario, ha capito come interpretare il ruolo istituzionale, non solo ha capito che in Europa ci si deve stare, ma ha capito anche come starci".

E il centrosinistra lombardo?

"In questi anni ha sempre sbagliato la scelta del candidato. Non ha saputo o potuto schierare candidati con un vero radicamento territoriale in una regione che è innanzitutto la regione dei Comuni. Majorino è una persona seria, ma è da vedere se sarà capace di entrare in empatia con l’elettorato lombardo".

La Lombardia ha bisogno dell’autonomia promossa dal ministro Roberto Calderoli?

"No. Io non sono per questa autonomia regionale che penalizza una parte del Paese, in particolare le regioni del Sud, e crea squilibri. Io credo sia stato un errore persino abolire le Province".