Uno studente di Voghera di 16 anni viene beccato con uno spinello a scuola. Il consiglio di classe decide di sospenderlo per due settimane, ma quando la decisione arriva al consiglio d’istituto si decide di applicare la massima pena: sospenderlo per quattro mesi, fino alla fine dell’anno. Si vuole dare una punizione esemplare, applicando forse involontariamente l’infausto e celebre detto maoista – in realtà latino – «colpirne uno per educarne cento». Ma così facendo, la scuola sceglie di abdicare al suo ruolo fondamentale: educare. Alle sanzioni alternative, ai percorsi di recupero e consapevolezza – peraltro più efficaci, secondo molti studi italiani – i professori hanno preferito rimuovere il problema e allontanare il singolo dalla comunità scolastica. Possiamo solo immaginare cosa avrebbe detto Maria Montessori, che riteneva il dialogo fondamentale e le punizioni controproducenti. Sappiamo però con certezza cos’hanno detto i giudici. Il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia ha infatti giudicato «troppo severa» la sanzione inflitta allo studente di Voghera, lo ha riammesso a scuola e ha condannato lo Stato a risarcire la famiglia dei duemila euro di spese legali sostenute. Chissà, magari colpendo una scuola se ne potranno educare altre cento.
Editoriale e CommentoColpirne uno per educare nessuno