MIlano, 1 luglio 2018 - Dopo una serie infinita di annunci di provvedimenti imminenti su temi economici attualissimi, sui quali gravano le attese di imprese e cittadini, il governo ha adottato solo la misura che rinvia di sei mesi l’entrata in vigore dell’obbligo di fattura elettronica per le partite Iva che vogliono detrarre e dedurre imposte e costi sui carburanti. Per giunta, mantenendo l’obbligo da oggi, primo luglio, di effettuare i pagamenti solo con mezzi tracciabili e non più in contanti, con buona pace del ministro degli Interni, Matteo Salvini, che ha tanto a cuore il libero utilizzo delle banconote. Tutto il resto rinviato a data da stabilire. Dall’abolizione di spesometro e redditometro alla revisione, se non eliminazione, di split payment e studi di settore, fino alla rivisitazione del Jobs Act, il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, si era speso in dichiarazioni e anticipazioni rivoluzionarie, alimentando aspettative e preoccupazioi.
Insomma la gente comune e soprattutto gli imprenditori, grandi e piccoli, vivono al momento sospesi tra speranze e timori, in una condizione di aleatorietà, di mancanza di certezze sul futuro, che certo non aiutano in un momento in cui la ripresa appare nuovamente in forse, rallentata più da mille incertezze che da condizioni di mercato che impongono riforme e innovazione. Le aziende si dicono soddisfatte parzialmente dal rinvio della fattura elettronica per i carburanti, perché a gennaio 2019 incombe l’avvio dell’obbligo esclusivo di fattura elettronica per tutte le transazioni commerciali, non solo per benzina e gasolio. Provvedimento che farà dell’Italia l’unico Paese dell’Unione Europea ad aver eliminato la fattura cartacea, imponendo emissione e archiviazione del documento attraverso specifiche modalità informatiche sulla cui attuazione pratica gravano parecchi dubbi.
Il Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate, verso il quale dovranno confluire milioni di dati di fatture, sarà in grado di reggere la mole impressionante di bit, di consentire correzioni, modifiche e annullamenti, di assicurare una archiviazione di dati estremamente sensibili senza falle? Ma soprattutto le ditte, in particolare quelle di piccole dimensioni e individuali, che vedono oggi i loro titolari passare spesso intere notti a fatturare a mano dovendo dedicare le giornate al lavoro, riusciranno a destreggiarsi con le nuove regole? E a che prezzo?
Non a caso gli artigiani stanno chiedendo, per esempio l’avvio di un periodo transitorio misto, in cui accettare sia la nuova fattura elettronica sia ancora quella cartacea, per passare progressivamente al solo sistema informatico. Una via di mezzo ragionevole, verso la quale ha optato la maggioranza dei Paesi europei, ma che non appare al momento oggetto di valutazione dell’Esecutivo. Il rischio è quello di assistere a un caos totale il prossimo gennaio. Il governo invece pare deciso a mettere mano alla riforma del Jobs Act, delle regole sul lavoro. Nel mirino al momento è finito il contratto a tempo determinato, su cui si vorrebbero inserire restrizioni che però agirebbero in maniera del tutto opposta alle esigenze di flessibilità e semplificazione reclamate delle imprese. Tra anticipazioni forse fin troppo ottimistiche e reali provvedimenti dettati dalla cautela, al momento il pacchetto dell’atteso “Decreto dignità”, che potrebbe ospitare pure i germogli del reddito di cittadinanza, ma che non trova alcun cenno in merito alla sbandierata flat tax, resta un’ipotesi parecchio incerta.