In Italia mancano i medici ma appoggiarci al regime di Cuba non può essere una soluzione

La Calabria inserirà temporaneamente 500 medici Cubani negli ospedali regionali. Ben venga un dibattito sul problema della carenza di personale, ma un accordo stipulato con una dittatura non può essere considerato privo di rischi

Medici cubani

Medici cubani

Cinquecento medici cubani entreranno come operatori all’interno sistema sanitario della Calabria per compensare le mancanze di personale, note in tutta Italia, ma per qualche motivo ignorate dalla classe politica. Al tema, Il Giorno, aveva già dato spazio: in Italia mancano e mancheranno sempre più medici e i problemi nei pronto soccorsi e nell’ambito della medicina di famiglia, iniziano a sentirsi. Così il Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto ha firmato l'Accordo che prevede l’inserimento di 497 medici, per un salario di circa 53.000 euro annui per 40 ore alla settimana, con un budget di circa 5000 euro netti per ogni medico, oltre alle spese di viaggio e alloggio. Questo accordo presenta un elemento di criticità e forse un elemento positivo. L’elemento positivo è dato dal fatto che finalmente si accende un faro sul problema della carenza strutturale del personale medico, proponendo una soluzione ragionevole, quella di impiegare medici stranieri. Tuttavia, l’elemento di maggiore criticità è che l’accordo stesso viene stretto con un’organizzazione direttamente dipendente da un regime anti-democratico e dittatoriale. Il rischio che vive l’Italia è che i medici, pur essendo volenterosi e magari eccezionali professionisti, possano essere utilizzati dal governo cubano come vettori di informazioni, esattamente come accaduto con i medici russi “generosamente” inviati durante l’emergenza Covid-19. In quel contesto, è emerso uno scenario meno romantico rispetto all’altruismo sovietico: la volontà del regime di Putin di acquisire informazioni per sviluppare il vaccino Sputnik e chissà per quali altri obiettivi. In questo contesto, un'alleanza con una dittatura non può essere considerata una soluzione priva di rischi.  Nel mondo esistono numerosi Paesi che vantano ottime università di medicina e governi non dittatoriali, nell’Est Europa, nel Medio Oriente, in Asia, che volentieri si trasferirebbero in Italia per esercitare la loro professione. Vi sono inoltre i medici afghani, in fuga dal regime, di uno di loro abbiamo raccontato la vicenda. Tuttavia questo non risulta possibile, se non in casi eccezionali come quello Calabro, per la difficoltà a riconoscere il titolo di studio e l’abilitazione dei professionisti. Il nostro protezionismo professionale ha, di fatto, bloccato gli ingressi di medici stranieri. Lo stesso problema è stato accentuato dalla mancanza di politiche di incentivo per aumentare il numero di borse di studio e di posti nelle università. Cadere nel tranello di un cavallo di troia con il camice, è un errore che questo Paese non può permettersi. Ben venga, però, la possibilità di aprire un dibattito su numeri, trend e soluzioni rispetto al problema della carenza di medici. Prima che sia troppo tardi.