Fenomeno job creep in azienda: che cos'è il lavoro strisciante? Modalità e rischi

Andare oltre orari e responsabilità in ufficio. Una tendenza amplificata dopo lo smart working

Stress da lavoro

Stress da lavoro

La traduzione letterale anche se un po' adattata dall'inglese è lavoro strisciante. Gli inglesi lo chiamano "job creep" o "work creep" e suona molto meglio. Battezzato una ventina di anni fa, starebbe vivendo un ritorno di fiamma con la riapertura degli uffici nel post pandemia, ponendosi in netta antitesi con i più noti fenomeni della "great resignation" e del "quiet quitting". Se questi ultimi incorniciano la crescente disaffezione degli impiegati verso gli obiettivi e i valori aziendali, declinabili in modi e tempi più o meno impattanti, il fenoneno del job creep è l'altra faccia della medaglia. In questo caso, il dipendente tende ad assumersi più incarichi di quelli afferenti la propria mansione, a dilatare l'orario di lavoro oltre i limiti contrattuali e a rimanere sempre collegato ai device. Si resta dunque a disposizione di superiori e colleghi, rispondendo a mail aziendali o partecipando a chat lavorative anche a tarda sera. Il tutto senza aumenti salariali effettivi o promessi.

In un'ottica di work-life balance, termine molto in voga tra analisti e sociologi, il job creep si tradurebbe in un netto sbilanciamento a favore del primo elemento, cioè il lavoro, con ricadute pesanti ma spesso ignorate su stress, qualità della vita e a lungo andare sulla salute. 

Le origini

Nulla di nuovo, in verità, perché del lavoro tossico si parla almeno da inizio secolo, quando tablet e telefonini - oltre al pc sulla scrivania - sono diventati strumenti quotidiani di lavoro, un lavoro non svolto solo in ufficio ma sempre più domestico. La crisi ecomomica del 2008 ne ha ridimensionato la portata o l'attenzione degli osservatori, mentre il boom dello smart working, durante il biennio del lockdown, ne ha in qualche modo facilitato il ritorno. Giacché la comodità di operare comodamente da casa si può tradurre in una maggiore disponibilità dell'impiegato in termini di tempo e incarichi da assumere. Non a caso i media inglesi se ne stanno occupando in queste settimane coincise per molti employers con il rientro negli uffici di banche, compagnie assicurative, società finanziare, aziende etc. Un ritorno alla scrivanie, per la maggior parte dei casi, che non è tout court ma assume una forma ibrida, resa possibile dal lavoro agile. Tradotto: qualche giorno a casa, qualche giorno in ufficio, a seconda di accordi, mansioni e qualifiche. Tuttavia, almeno per i "job creepers", resisterebbe l'abitudine maturata tra il 2020 e il 2021 di "andare oltre" e permettere al lavoro di strisciare e insinuarsi nella vita privata. E anche in Italia starebbe succedendo qualcosa di simile, come testimoniano articoli dei media e testimonianze sui social.

Comportamenti a rischio

In altre parole, una quota crescente di lavoratori si fa carico, in modo volontario, di una quota crescente di responsabilità, che non solo sono escluse dalla propria mansione ma non sortiscono promozioni o aumenti salariali. E non è detto che l'aumento salariale e l'avanzamento di carriera siano le motivazioni di questo fenomeno cui può più verosimilmente soggiacere il bisogno psicologico di soddisfare le aspettative del capo o, addirittura, le proprie. Quali sono i comportamenti tipici? Come detto sopra, rispondere a mail di lavoro fuori orario, fermarsi in ufficio oltre il termine contrattuale per risolvere problemi sorti durante la giornata, passare la pausa pranzo davanti al pc. 

Le conseguenze

Una premessa, di per sè positiva, è necessaria: si tratta di lavoratori che hanno a cuore non solo il proprio posto di lavoro ma più in generale la performance dell'azienda. Colleghi responsabili, dunque, utili anche per coprire i "buchi" lasciati dai chi lo è meno. Ma attenzione, l'eccesso di reponsabilità oltreché contagioso (altri per non sentirsi da meno potrebbero seguire l'esempio) alla lunga è dannoso per la salute del lavoratore, che rischia il burneout (esaurimento nervoso) e di conseguenza per quella dell'impresa stessa che dovrebbe avere a cuore il benessere dei propri collaboratori e quindi scongiurare il job creep.