LA POTENZA DEI PATTI AZIENDALI DAI VACCINI AL RECOVERY

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LA POTENZA DEGLI ACCORDI aziendali. Quando lavoratori e imprenditori si confrontano sui problemi concreti, nei luoghi di lavoro, senza le influenze della politica o dell’ideologia riescono a stringere patti che sono all’avanguardia. Non solo nell’ambito delle relazioni industriali o sotto un profilo economico, ma anche in ambito sociale, culturale, perfino sanitario. Al momento la lotta al Covid si combatte innanzitutto con i vaccini e proprio imprese e sindacati, con il supporto dell’Inail, hanno chiuso un accordo che potrebbe aumentarne considerevolmente il ritmo. Tutte le aziende potranno infatti mettere a disposizione gli spazi, la logistica e l’organizzazione sanitaria per vaccinare i dipendenti che desiderano farlo – su base volontaria – a prescindere dalla loro tipologia di contratto. E poi anche i familiari dei dipendenti e, se previsto, persone esterne.

Si dovrebbe partire questo mese, in coordinamento con la disponibilità delle dosi e con le priorità definite dal Commissario Straordinario (quindi solo dopo aver immunizzato le categorie fragili) in centinaia di hub già autorizzati e che potrebbero essere molti di più, visto che ci sono già oltre 7.500 imprese già candidate a partecipare all’operazione (le più piccole potranno appoggiarsi alle più grandi o alle strutture Inail). Positiva anche la generale adesione da parte dei lavoratori, che registra tassi assai elevati. Vaccinare in azienda permetterà di allentare la pressione sui centri vaccinali e sull’organizzazione sanitaria pubblica, cioè su un sistema già stressato. La prova che quando lavoratori e imprese cercano un accordo, superando ideologie e pregiudizi, alla fine l’accordo lo trovano, con vantaggi diffusi per il Paese. Tra l’altro, sindacati e imprese hanno anche aggiornato il protocollo per la sicurezza nei luoghi di lavoro siglato la primavera scorsa. Un patto che consentì la riapertura anticipata delle attività rispetto a quello che sarebbe accaduto se i tempi li avesse determinati l’allora governo Conte 2, che aveva bloccato le "attività non essenziali" con l’anacronistico e irragionevole sistema dei codici Ateco e senza tenere conto delle specifiche dei vari territori, delle diverse filiere, delle singole aziende. Un accordo autonomo tra imprenditori e lavoratori che si potrebbe definire salvifico, visto che in quel momento le produzioni italiane rischiavano di essere escluse dalle catene internazionale di fornitura.

L’accelerata ripresa delle attività è stata invece la piattaforma su cui la manifattura ha costruito le brillanti performance del terzo e in parte del quarto trimestre del 2020, grazie alle quali la caduta dell’economia è stata inferiore alle previsioni. Purtroppo, da inizio pandemia, l’Inail registra quasi 160 mila contagi sui luoghi di lavoro. Tanti, ma pur sempre poco più del 5% del totale dei casi. Insomma, forse il patto ha permesso, da un lato, alla nostra economia di non morire e, dall’altro, di limitare i danni. Oltre alle questioni sanitarie ed economiche, gli accordi tra lavoratori e imprese – troppo spesso osteggiati dai sindacati timorosi di perdere potere contrattuale – possono essere anche la piattaforma per discutere di temi sui cui, oltre ad un dibattito collettivo e nazionale, è indispensabile un confronto concreto, caso per caso, tra chi conosce la realtà del lavoro. Per esempio, per delineare forme di cogestione dell’impresa (sul modello tedesco). Ma anche sui percorsi di formazione permanente dei lavoratori e per costruire politiche attive finalmente efficienti. Su come regolamentare il lavoro agile e lo smart working, forme che sono qui per restare. E, last but not least, per discutere di come accrescere una produttività del lavoro ormai stagnante dal lontano 2001 (con una crescita media annua dello 0,3% a fronte di una media Ue di +1,6%, dice l’Ocse).

Il Recovery, da solo, non basta. Servono accordi aziendali e territoriali, serve una contrattazione decentrata. Perché in tempi di Industria 4.0, digitalizzazione e sostenibilità, per accompagnare la transizione della nostra economia nel mondo post Covid c’è bisogno di modelli contrattuali sartoriali, cuciti sul territorio, sulle aziende, sulle filiere. Imprese e lavoratori hanno già dimostrato di essere all’avanguardia. Ma di questi patti ne servono molti altri.

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