LA CORSA GLOBALE ALL’ENERGIA DELLE STELLE

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NEL SUO PIANO di decarbonizzazione dell’economia americana da duemila miliardi di dollari, il neo-presidente Joe Biden punta ad azzerare le emissioni nette del sistema elettrico americano entro il 2035. A questo fine il piano di Biden ha previsto anche un capitolo sulle tecnologie nucleari più avanzate, inclusa la fusione. È la prima volta, dai lontani anni Settanta, che un governo democratico si spinge così in là nel sostegno di una tecnologia da sempre considerata di dominio repubblicano. L’obiettivo non è utilizzare la fusione al posto delle fonti rinnovabili, ma al contrario sfruttarla per integrare il solare e l’eolico, che fanno la parte del leone nel piano Biden.

Alimentare la produzione industriale e i consumi domestici solo con le fonti rinnovabili richiederebbe fortissimi investimenti negli accumuli, mentre la comunità scientifica del plasma è convinta che da qui ai primi anni Trenta la fusione potrebbe dssere pronta a compensare la variabilità dell’energia del sole e del vento. Il progetto Sparc, guidato da Commonwealth Fusion, è uno dei più promettenti nella corsa contro il tempo per mitigare l’emergenza climatica. Commonwealth Fusion è stata fondata nel 2018 come spinoff del Mit di Boston da Brandon Sorbom e altri colleghi del Plasma Science and Fusion Center. Da allora è cresciuta molto rapidamente fino a 100 dipendenti, grazie ai finanziamenti di Bill Gates, Jeff Bezos e altri investitori (tra cui Eni), dai quali ha raccolto finora 200 milioni di dollari.

L’obiettivo è costruire un reattore Arc (Affordable, Robust, Compact), molto più piccolo del tokamak di Iter (circa la metà) e in grado di produrre tre volte l’elettricità necessaria per alimentarlo. La ricerca di Sorbom e colleghi è focalizzata sui magneti di contenimento del plasma nel tokamak. "Magneti più potenti significano un migliore isolamento per il plasma", spiega Sorbom. Più efficientemente il plasma può essere riscaldato, più elettricità può essere generata, producendo infine energia netta. Per Commonwealth, che è sostenuta anche dall’amministrazione Biden, le prossime tappe sono il debutto dei suoi super-magneti quest’estate e poi entro il 2025 lo sviluppo di Sparc, una macchina che dimostrerebbe che l’efficacia della fusione "compatta". Il progetto è terminare la costruzione di un reattore commerciale entro il 2030.

Il campione canadese dell’energia delle stelle, General Fusion, è il rivale più agguerrito del progetto Sparc e ha già costruito la sua prima macchina, un tokamak sferico che combina la tecnologia di fusione a confinamento inerziale con quella a confinamento magnetico, in un sistema ibrido chiamato Magnetized Target Fusion. Fondata nel 2002 dal fisico Michel Laberge vicino a Vancouver, in British Columbia, General Fusion è sostenuta da Jeff Bezos e da altri investitori, fra cui Tobias Lütke di Shopify, da cui ha raccolto finora oltre 190 milioni di dollari. Laberge utilizza un reattore sferico di circa 3 metri di diametro, riempito con una miscela liquida di piombo e litio. Il metallo liquido viene centrifugato per aprire una cavità cilindrica verticale al centro della sfera, all’interno della quale viene iniettato del plasma di deuterio-trizio confinato magneticamente. Con un sistema di pistoni esterni alla sfera si crea poi un’onda di pressione al centro della sfera, comprimendo il plasma in condizioni di fusione. I neutroni che fuoriescono dalla reazione di fusione vengono catturati nel metallo liquido e il calore del metallo genera elettricità tramite una turbina a vapore. La prossima tappa è un prototipo più grande, che dovrebbe essere pronto l’anno prossimo e se tutto va bene l’orizzonte temporale per la prima macchina commerciale è il 2030.

La ricerca europea, da parte sua, non sta con le mani in mano. First Light Fusion, uno spinoff dell’Università di Oxford, punta tutto sulle pressioni estreme della fusione a confinamento inerziale. Con macchine che si sviluppano in lunghezza, l’ultima delle quali è in costruzione proprio in questi giorni, First Light mira a raggiungere le condizioni estreme necessarie per avviare la fusione sparando simultaneamente un gran numero di piccoli proiettili di rame a velocità ipersonica in una minuscola capsula contenente deuterio e trizio. Già ora il suo terzo prototipo è in grado di scaricare fino a 200.000 volt e oltre 14 milioni di ampere entro due microsecondi. "Mentre la fusione magnetica è come una fornace sempre accesa, la nostra fusione a proiettile è un processo pulsato che trasferisce l’energia da ogni colpo nel liquido di raffreddamento al litio", spiega il fondatore Nick Hawker. Fondata nel 2011, la pioniera inglese ha attirato l’attenzione del governo di Boris Johnson, che ha promesso di stanziare 220 milioni di sterline sulla ricerca per la fusione nucleare. Hawker punta a raggiungere entro il 2024 lo stadio in cui la sua macchina produrrà più energia di quanta ne consumi, ma nel frattempo sta già lavorando alla progettazione di un reattore industriale, con l’obiettivo di arrivare allo stadio commerciale entro i primi anni Trenta.