Il ministero dell’impossibile sul modello franco-tedesco

Come funzionano i dicasteri per il green da Parigi a Berlino

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Il modello di riferimento europeo per il ministero della Transizione ecologica è quello francese. A Parigi, il ministero della Transizione ecologica, ribattezzato così nel 2020, è l’evoluzione del ministero dell’Ambiente istituito nel 1971, che nel corso degli anni ha cambiato varie volte nome: ministero dell’Ambiente e del modo di vivere, ministero per la Qualità della vita, ministero dello Sviluppo sostenibile e così via.

Il primo ministro dell’Ambiente fu Robert Poujade, che lo definì "il ministero dell’impossibile" per le svariate competenze attribuite. Oggi a guidarlo, dal rimpasto di governo del luglio scorso, è la macroniana Barbara Pompili. Nella politica francese il ministero della Transizione ecologica è uno dei più centrali, perché unisce nello stesso dicastero le politiche di protezione ambientale con quelle dei trasporti e dell’energia, ma non entra in competenze relative alle politiche industriali, che sono appannaggio del ministero dell’Economia, delle Finanze e della Ripresa (attualmente retto da Bruno Le Maire), perno del Recovery Plan francese. Quest’anno la ministra Barbara Pompili ha a disposizione 48,6 miliardi, di cui 16 miliardi sono dedicati alle politiche abitative, 15,4 miliardi alla transizione ecologica e 8 miliardi ai trasporti. Ad affiancarla nella strategia complessiva ci sono il ministro delegato ai Trasporti, Jean-Baptiste Djebbari, la ministra delegata all’Alloggio, Emmanuelle Wargon, e la sottosegretaria Bèrangère Abba, che si occupa della preservazione della biodiversità.

In vista delle presidenziali del 2022, Macron sta dando ancora più rilievo al tema ambientale e tra i progetti cardine della sua agenda c’è quello sulla difesa del clima. La proposta di legge "Clima e resilienza", presentata il 10 febbraio in consiglio dei ministri, punta a rendere credibile l’obiettivo di riduzione del 40% delle emissioni di gas a effetto serra nel 2030 rispetto al 1990, obiettivo che fa parte degli impegni internazionali assunti dalla Francia nell’Accordo di Parigi. Con i suoi 69 articoli, il progetto punta ad inserire l’ecologia come pilastro "nella scuola, nei servizi pubblici, nella giustizia ma anche nella politica degli alloggi e della città", ha spiegato Pompili. Il Parlamento esaminerà la proposta di legge dalla fine di marzo per un’adozione prevista "al massimo a settembre".

Il progetto è stato formato sulla base delle proposte della Convenzione cittadina per il clima, un’iniziativa di democrazia partecipativa con 150 persone estratte a sorte che hanno messo nero su bianco 149 misure per la lotta contro l’emergenza climatica. Macron, che convocò la convenzione per uscire dalla crisi dei gilet gialli (nata proprio contro la carbon tax), in vista della sua probabile ricandidatura nel 2022, con questa legge vuole affermare, come ha già fatto a dicembre, che "nessun governo ha mai fatto altrettanto per l’ecologia".

La Germania, anche se non è stata citata da Beppe Grillo, può rappresentare un altro utile riferimento per il dicastero della Transizione ecologica. Si tratta infatti del primo Paese manifatturiero d’Europa, l’unico che ci precede nella classifica del contributo dell’industria al Pil. La Germania ha un ministero dell’Ambiente, della conservazione naturale e della sicurezza nucleare, ma l’energia nel suo complesso è una materia su cui è competente il potente ministero per gli Affari economici e l’Energia, attualmente guidato da Peter Altmaier, che si occupa di tutti gli aspetti di politica industriale, peraltro con un forte impegno sul fronte del taglio delle emissioni e dello sviluppo delle fonti rinnovabili. Grazie alle sue politiche di moderata incentivazione e di semplificazione normativa, le fonti pulite sono in rapida crescita in Germania (mentre in Italia sono quasi ferme) e l’anno scorso hanno soddisfatto oltre il 50% del fabbisogno energetico nazionale.

L’approccio tedesco alla transizione ecologica punta insomma a superare l’abitudine di concepire l’economia come il motore della società e l’ecologica come il freno che la rallenta, assumendo invece il rispetto dell’ambiente e del clima come struttura dell’economia, che aiuta lo sviluppo e non lo frena.