
CERTIFICATA la malattia, restano da capire le cause. O meglio, la combinazione di cause che hanno causato il verticale calo dei consumi registrato dallo scoppio della pandemia. Perché il crollo è stato indotto sia da componenti materiali dovute ad un reale e grave impoverimento, sia da elementi psicologici quali il disorientamento, la paura di uscire o la voglia di dotarsi di una rete di sicurezza patrimoniale in vista di un futuro su cui grava l’incertezza. Identificare le esatte ragioni che hanno paralizzato i consumi e assegnare a ciascuna di esse il giusto peso proporzionale non è un giochetto sociologico. Piuttosto, una corretta analisi del fenomeno è necessaria per adottare le giuste e congrue misure che servono a far ripartire la domanda interna. Perché un sostegno materiale quando si ha paura, ma i soldi ci sono, è inutile. E, viceversa, una pur maggiore fiducia senza denaro in tasca, è insufficiente per poter spendere di più.
Nel 2020 i consumi sono calati del 9,1%, in linea ma poco sopra alla flessione del Pil (-8,9%). Si tratta del calo più accentuato dal 1997, da quando esiste la serie storica dell’Istat, e riporta il dato medio di spesa al livello del 2000. Tuttavia, questo calo varia molto nei diversi trimestri dell’anno: –4,7% nel primo che comprende anche marzo (inizio pandemia), –17,4% nel secondo, quello del lockdown di aprile e maggio, –4,5% nel terzo, quello di semi-libertà e in taluni casi di trasgressione, e -9,5% nel quarto trimestre, quando sono tornate le restrizioni. Il che vuol dire che la caduta c’è, ma in parte è dovuta alla impossibilità di uscire e spendere. Questo non significa sottovalutare la drammaticità della situazione: le famiglie in condizione di povertà sono cresciute dal 6,4% del 2019 al 7,7% del 2020 (oltre 2 milioni di famiglie), mentre per gli individui siamo passati dal 7,7% al 9,4% (circa 5,6 milioni).
A guardare i dati sul risparmio dell’Acri emerge poi che un terzo (il 30%) di italiani non ha più risorse a cui attingere. Tuttavia, è anche vero che lo scorso anno il risparmio è cresciuto dell’8% ed è anche in aumento la percentuale di chi riesce a mettere i soldi da parte (+3%, dal 55% al 58% degli italiani). Per fortuna, per la maggioranza delle persone i redditi sono rimasti invariati, mentre è diminuita sia la voglia di spendere che le occasioni per farlo. Ad allargare l’inquadratura, dobbiamo anche ricordare che in Italia la ricchezza non manca, visto che Bankitalia, il patrimonio privato degli italiani ammontava nel 2019 a 9.500 miliardi, pari a 9 volte il reddito, mentre per i tedeschi si ferma a un moltiplicatore di 6,3 e negli Usa di 4,8.
Questo impone un’analisi delle misure da adottare. Le quali, palesemente, non possono essere uguali per tutti. La politica dei bonus a pioggia cavalcata dal passato governo è stata fallimentare e le quasi 50 diverse agevolazioni hanno impiegato preziose risorse con effetti moltiplicatori sul Pil piuttosto risibili. Lo stesso fu per gli ‘80 euro’ di Renzi. Le politiche di incentivazione e sostegno, infatti, funzionano per coloro che hanno perso il reddito (ma solo se la quota di entrate andata bruciata non fosse quella destinata al risparmio), ma non per chi è travolto da paura e incertezza. Come ha spiegato a più riprese De Rita e come illustrato dal Censis, gli italiani in tempi di Covid non hanno più fiducia nel futuro, sono in regressione psicologica collettiva.
Il calo dei consumi evidentemente si compone di questi due elementi, assai diversi tra loro. A guardare i dati sull’impoverimento, ma anche quelli sul risparmio, intuitivamente si potrebbe dire che la perdita di reddito pesa per il 30-40%, mentre l’elemento psicologico rappresenta il 60-70%. D’altra parte, l’economia si muove anche per le aspettative, razionali o meno che siano. Se queste ultime non cambiano, c’è poco da fare. È come continuare a mettere benzina in un serbatoio bucato. Azioni per incentivare la domanda e sostenere i redditi, da sole, sono necessarie ma non sufficienti. Serve maggiore fiducia nel futuro. Per esempio convincendosi che il governo Draghi sia in grado di cogliere l’occasione storica offerta dal Next Generation Eu. I vaccini, piano piano, stanno arrivando. Dobbiamo essere fiduciosi. La primavera è arrivata.
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