L’aumento delle spese militari in Italia è giustificato?

Il Governo ipotizza di portare i fondi per la difesa al 2% del Pil, ma la forza della Nato è già enorme rispetto agli altri Paesi

Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, diversi Paesi europei hanno manifestato la volontà di armarsi per contrastare l’aggressività della Russia. A livello pratico, questo si è tradotto in un maggiore coinvolgimento della Nato, l’alleanza militare nata nel 1949 in funzione anti-sovietica che include Stati Uniti, Canada, Turchia e altri 27 Paesi europei, tra cui l’Italia. In poche settimane, la Nato ha stanziato diversi contingenti in Europa orientale e ribadito la necessità di aumentare le spese militari.

L’Italia, insieme ad altri Paesi, ha dichiarato l’intenzione di aumentare i fondi per la difesa dall’1,6 al 2 per cento del prodotto interno lordo (Pil). Questo in accordo con quanto stabilito dal Defence Investment Pledge, un documento adottato dai leader della Nato nel 2014 che stabilisce di fissare il budget per la difesa al 2 per cento per Pil per la difesa entro un decennio. Impegno che, da allora, nessun governo italiano ha mai rinnegato, pur procrastinando l’aumento di spesa.

In soldoni, l’Italia porterebbe la sua spesa militare dagli attuali 25 miliardi di euro a 38 (ovvero 104 milioni al giorno). Per dare un senso a questa cifra, 38 miliardi è circa la metà di quanto l’Italia spende per l’istruzione, un terzo di quanto spende per la sanità ed è pari a quanto guadagna dall’intera tassazione sulle abitazioni. La spesa per la difesa è tendenzialmente diminuita dal dopoguerra in avanti, con una leggera crescita negli ultimi anni.

L’aumento della spesa è davvero necessario? Confrontando i dati, è difficile dire di sì. Ad oggi, la potenza militare della Nato è già enormemente superiore a quella dei suoi potenziali avversari geopolitici e le sue tecnologie belliche sono le più evolute del mondo. Complessivamente, i trenta Paesi della Nato spendono 1.100 miliardi di dollari per la difesa, mentre Cina, India e Russia messe insieme non arrivano a 390 miliardi. La maggior parte della spesa militare, nell’alleanza atlantica, è messa dagli Stati Uniti, che investono 778 miliardi all’anno.

Eppure, anche escludendo gli Stati Uniti, la spesa militare di Francia, Italia, Germania e Regno Unito supera di quasi tre volte quella della Russia. Secondo la maggior parte degli analisti, la deterrenza degli armamenti europei è sufficiente a garantire la sicurezza dei propri territori. La questione, affermano i critici, è un’altra. Da anni, gli Stati Uniti insistono nell’impegno degli alleati a dividere l’onere delle spese militari: gli americani spendono il 3,7 per cento del Pil nella difesa, laddove molti Paesi europei spendono meno dell’1,8, cioè meno della metà.

Il 16 marzo, la Camera dei Deputati ha dato mandato al Governo di aumentare il budget per la difesa, ma col passare dei giorni la maggioranza che sostiene Mario Draghi si è divisa. In un’intervista alla Stampa, il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte ha affermato che “non potremmo assecondare un voto che individuasse come prioritario l'incremento delle spese militari a carico del nostro bilancio nazionale. In questo caso il Movimento non potrebbe fare altro che votare contro”. Ma anche alcuni esponenti della Lega e del Partito Democratico hanno manifestato qualche titubanza e chiesto maggiori riflessioni.