Il caviale padano batte la crisi: cinque piccole imprese regine della produzione in Europa

Le aziende attive fra le province di Mantova, Brescia e Verona esportano ogni anno 55 tonnellate sulle tavole più esclusive

Bisogna attendere 7-8 anni per estrarre le uova

Bisogna attendere 7-8 anni per estrarre le uova

Il caviale padano non teme la crisi. Con 55 tonnellate esportate ogni anno sulle tavole più esclusive, cinque piccole imprese attive fra le province di Mantova, Brescia e Verona, rappresentano i primi produttori in Europa, dove detengono il 33 per cento del mercato. Tanto da fare concorrenza alla Russia, dove fino a prima della guerra alcuni di loro portavano prodotti di altissima qualità.

"Anche noi abbiamo avuto incrementi di costi che incidono sulla lavorazione e gli imballaggi. Incrociamo le dita, ma restiamo ottimisti. Riteniamo che sia ancora un business florido", dice Domenico Meduri, general manager di Cru Caviar, quartier generale a Goito (Mantova), oltre 50 anni di attività nell’allevamento ittico, gli ultimi 25 nella produzione di caviale italiano e 30 nella selezione delle migliori varietà, nonché il più grande produttore italiano di Caviale Beluga, quello speciale.

Oggi il prezzo del caviale al consumatore finale varia da 1.800 a 4.500 euro al chilo, chi se lo poteva permettere prima, non guarderà al risparmio ora. "Certo, durante il lockdown grazie al delivery eravamo riusciti ad allargare la base dei nostri clienti alla fascia media, che ora con la crisi perderà potere d'acquisto, ma la fascia di più alto reddito continuerà ad acqustare", continua il manager, i cui prodotti arrivano nei ristoranti più chic, tra questi le tavole stellate della famiglia Alajmo.

A Goito, immerso nella Valle del Mincio, c’è il centro di riproduzione e accrescimento degli storioni, che all’età di un anno e mezzo circa vengono trasferiti anche negli altri tre allevamenti: Leno e Bagnolo Mella nel Bresciano, San Martino Buon Albergo a Verona. Un primato mondiale di qualità, quello del caviale del Lombardo-Veneto, detenuto da cinque allevatori, per un totale di 200-300 dipendenti (tra fissi e stagionali), che portano i loro prodotti dal Giappone agli Stati Uniti, dal Sudafrica al resto d'Europa. Insieme rappresentano il 90 per cento della produzione italiana e il 16 per cento di quella mondiale.

"La lavorazione e la qualità dell'acqua sono molto importanti", sottolinea Meduri. Qui un tempo si allevavano solo trote e anguille. Il caviale era un prodotto esotico della lontana Russia. Poi è arrivata la convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie in via di estinzione, che ha ridotto drasticamente la produzione di caviale da storione selvaggio, e gli allevatori della Valle del Mincio si sono organizzati. Tra loro la famiglia Bettinazzi, da tre generazioni leader nel settore: dai bovini sono passati all'itticoltura e infine al caviale. La raccolta delle uova negli allevamenti inizia in autunno e finisce a metà primavera, la vendita del prodotto è stagionale, concentrata soprattutto attorno a Natale. Ma gli investimenti sono a lungo termine. "Per raccogliere le uova bisogna aspettare che lo storione abbia 7-8 anni, fino anche a 20 per lo storione Beluga, originario del mar Caspio, il più pregiato. Noi seminiamo oggi per raccogliere fra 18-20 anni".