Crisi dei microchip: cosa può accadere. Aumento dei prezzi e lavoro a rischio

Parla Andrea Rossi, amministratore delegato della milanese ICS: "Fino alla conclusione di quest'anno non si vedrà la luce"

Il settore automotive

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Milano - Effetto pandemia, invasione di prodotti contraffatti e “fame” di semilavorati da parte di alcuni settori: l'industria dei “chipset”, i componenti elettronici che si montano sui circuiti stampati necessari al funzionamento di numerosi oggetti, piccoli o grandi, di uso comune, sta attraversando una profonda crisi. Con pesanti contraccolpi già evidenti sull'economia, ma anche nella vita di tutti i giorni. Ne parliamo con Andrea Rossi, amministratore delegato dell'azienda milanese ICS (I choose Shenzen), nata per consentire a imprese attive nei comparti più diversi di eliminare i passaggi superflui nell'acquisto di queste parti.

Cosa sono i chipset e a cosa servono?

"Sono i componenti attivi da montare sulle schede elettroniche utilizzate per consentire il funzionamento di macchine e apparecchiature prodotte nei comparti più svariati. Dall'automotive al settore elettromedicale, passando per telecomunicazioni, smartphone, decoder, strumenti di misura e controllo, condizionatori e tanto altro".

Quale sono i motivi alla base dell'attuale difficoltà (“shortage”, in termini tecnici, ndr) di reperimento dei chipset?

"Innanzitutto c'è stato un effetto pandemia. Fra il febbraio e l'aprile dell'anno scorso le fabbriche cinesi, che fanno capo alle grandi aziende produttrici di circuiti integrati con sedi, per esempio, in Europa, Usa e Taiwan, hanno interrotto la produzione. Da qui l'affanno a rifornire le aziende che hanno bisogno di questi componenti. E' accaduto che con la diffusione del Covid è esplosa la domanda di chipset in due settori, l'elettromedicale e le telecomunicazioni. Nel primo perché la produzione di macchinari per combattere il virus è aumentata a dismisura, nel secondo perché si è dovuta assecondare la richiesta di componentistica necessaria a soddisfare l'impennata nel ricorso a smart working e lavoro a distanza, con conseguente aumento della domanda di hardware”.

Ci sono possibilità di ripresa?

"Credo che fino al termine di quest'anno non vedremo la luce. Un aspetto importante nel mercato dei chipset è che viene gestito a livello di distribuzione dai grandi gruppi come Arrow e Avnet, che però al momento non riescono a ricevere rifornimenti dalle aziende produttrici. E lo stesso accade ai broker, soggetti più piccoli che lavorano da remoto. E' qui entriamo in campo noi, che ci rivolgiamo direttamente agli stockisti, attraverso personale madrelingua attivo sul territorio cinese".

C'è poi il tema della contraffazione...

“Un problema direttamente legato all'attuale penuria di componenti originali. In Cina esiste da tempo un florido mercato 'parallelo'. Numerose fabbriche acquistano componenti originali e ne riproducono lo schema elettrico, applicando poi un marchio per simulare l'originalità del prodotto. Il rischio di incappare in materiale contraffatto aumenta quando ci si rivolge ai broker per i propri acquisti, perché in questo modo la merce arriva in Italia senza saperne l'origine precisa. E può capitare che funzioni male o non funzioni. In questo modo l'azienda che l'ha acquistata deve spendere altri soldi per rimpiazzare i componenti non funzionanti. E il problema è importante anche per l'indotto, aziende terze che si occupano di montare i chipset sulle schede, che in caso di ritardi provocati da materiale non regolare rischiano di andare incontro a penali per la mancata consegna del prodotto finito”.

Quali sono le ripercussioni sulla vita di tutti i giorni?

“Credo si andrà incontro rapidamente a un aumento dei prezzi degli apparecchi di uso quotidiano, dato che oggi molti componenti elettronici vengono venduti a cinque o sei volte il loro costo originario. Ci sono poi i contraccolpi sul fronte dell'occupazione. Lo stabilimento Stellantis di Melfi, di recente, ha dovuto chiudere per una settimana. Quotidianamente noi riceviamo chiamate di clienti che ci implorano di trovare stock di componenti specifici. Se lo 'shortage' continuerà si andrà incontro a licenziamenti e ricorso alla cassa integrazione, in un momento già complicato a causa della pandemia. Infine potremmo trovarci di fronte alla carenza di prodotti finiti sul mercato: già oggi molte aziende hanno dovuto interrompere la produzione”.