Stop al blocco licenziamenti. Quando. Settori e lavoratori che rischiano di più: la mappa

Oggi la manifestazione dei sindacati a Montecitorio. C'è chi stima addirittira 600 mila posti di lavoro a rischio

Licenziamenti

Licenziamenti

C'è chi dice 450 mila. C'è chi parla di 600 mila posti di lavoro a rischio. Ma indipendentemente dai numeri intorno alla cancellazione del blocco dei licenziamenti si sta generando una forte discussione - contrapposizione. Di sicuro prima o poi il provvedimento, introdotta nel 2020 per far fronte alle conseguenze della crisi innescata dal Covid, andrà tolto. I sindacati però insistono affinché possa essere prorogato fino alla fine dell'anno, mentre le associazioni di categoria (Confindustria) vorrebbe tornare prima possibile alla "normalità". Oggi i sindacati hanno organizzato una manifestazione davanti a Montecitorio alla quale hanno partecipato i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil.

Quando

Il governo ha deciso che dal 1 luglio le imprese potranno tornare a licenziare (sempre naturalmente con limiti e modalità previste dalla legislazione italiana). Il blocco dei licenziamenti resta fissato al 30 giugno: salta la proroga al 28 agosto per le aziende che avessero chiesto la cig Covid dall'entrata in vigore del decreto Sostegni bis entro la fine del prossimo mese. Confermata invece la possibilità per le imprese di utilizzare la cassa integrazione ordinaria, dal primo luglio, senza dover pagare le addizionali fino alla fine del 2021 con l'impegno a non licenziare per tutto il periodo in cui ne usufruiscono. E dunque potenzialmente fino a fine anno.

Questo l'esito del percorso di approfondimento tecnico nel Governo svolto sulla base delle proposte del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, del Cdm di giovedì scorso che prevedono, sottolineano dal governo, un insieme più complessivo di misure per sostenere le imprese e i lavoratori nella fase della ripartenza.

Le eccezioni

Le aziende che faranno richiesta di cassa integrazione ordinaria non pagheranno il contributo addizionale fino al 31 dicembre 2021, ma non potranno licenziare durante il periodo in cui ne usufruiranno: la novità che prevede lo sconto sulla cig fino a fine anno del decreto Sostegni bis si aggiunge alla proroga fino al 28 agosto del blocco dei licenziamenti per le aziende che chiedono la cig Covid dall'entrata in vigore del decreto entro la fine di giugno. In totale le settimane a disposizione restano 13 fino al 30 giugno. Ma i sindacati non mollano la presa: il blocco dei licenziamenti deve valere ancora per tutti e va allungato almeno fino a fine ottobre perché la fase resta di emergenza e bisogna frenare il rischio, avvertono, di una potenziale nuova ondata di posti persi. 

La manifestazione

"Ieri abbiamo scritto alle forze politiche e lo ribadiamo anche oggi perché nel passaggio parlamentare si superi blocco licenziamenti almeno fino a ottobre. Dal 1 luglio non è possibile che l'impresa possa scegliere se licenziare o meno. La mobilitazione va avanti nelle prossime ore, nei prossimi giorni nelle piazze e nei luoghi di lavoro". Lo ha detto Maurizio Landini dal palco della manifestazione dei sindacati confederali davanti Montecitorio.  "Oggi è il momento di proteggere il lavoro. Non possiamo lasciare solo nessuno. C'è un livello di precarietà che non è più accettabile. Per questo ci stiamo battendo per una riforma degli ammortizzatori sociali universali. Il principio di fondo è che la tutela non deve essere legato al rapporto di lavoro. La nuova regola deve essere che dalla partita Iva al lavoro a tempo indeterminato tutti devono essere protetti. Dobbiamo impedire la competizione tra lavoratori. La precarietà è il vero male che sta creando divisione nel nostro Paese e nel mondo del lavoro", ha poi detto Landini.

Contratto di rioccupazione

"Il contratto di rioccupazione che viene istituito in via sperimentale fino al 31 ottobre 2021 prevede un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato per incentivare l'inserimento lavorativo dei disoccupati a cui è collegato uno sgravio del 100% per sei mesi. Il contratto prevede che al termine dei 6 mesi si possa optare per la conferma o per la non prosecuzione del rapporto. Lo aveva detto il ministro del Lavoro Andrea Orlando durante la conferenza stampa sul Dl Sostegni bis indicando il contratto di rioccupazione come una delle "misure principali".

La riforma degli ammortizzatori sociali

Sia i sindacati che le associazioni di categoria imprenditoriali condividono invece la necessità di una riforma degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, contratti di solidarietà, Naspi) che Cgil, Cisl e Uil vorrebbero più estese (oggi non tutte categorie e imprese possono accedervi).

La mappa dei settori più a rischio

Il Covid-19 ha determinato una crisi senza precedenti per l'economia italiana, non solo in termini di entità, ma anche per la sua natura particolarmente asimmetrica. L'emergenza sanitaria ha avuto, infatti, conseguenze fortemente diversificate, colpendo in misura particolare i settori piu' interessati dai lockdown ed esposti alle misure di contenimento come, ad esempio, la ristorazione, il turismo, gli alberghi, i trasporti, l'ingrosso e il dettaglio non alimentare e il sistema moda. Mentre ha inciso in misura meno significativa su altri comparti o addirittura stimolandone positivamente alcuni, come la filiera farmaceutica, il commercio online e l'industria agroalimentare. Lo evidenzia il Rapporto Regionale PMI 2021, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con Intesa Sanpaolo.

Le aziende a rischio

«Questi lavoratori - spiega Tibaldi- sono soltanto i primi che saranno costretti a scendere in piazza perché con la fine del blocco dei licenziamenti,senza politiche industriali, senza una riforma degli ammortizzatori sociali, per questa gente si prepara il disastro, determinato da aziende che chiedono solo d guadagnare di più». Lo afferma Barbara Tibaldi di Fiom Cgil, in occasione della mobilitazione dei lavoratori della Whirlpool di Napoli arrivati a Roma per protestare contro la decisione dell'azienda di chiudere lo stabilimento. Sono un centinaio quelli arrivati in piazza Santissimi Apostoli urlando «vergogna!» E «Napoli non molla!». «L'azienda non indietreggia le multinazionali non indietreggiano, rischiamo il disastro», aggiunge. «Oggi ci rivolgiamo alle forze politiche per sapere se questo parlamento è fatto da una sola persona o da più persone che collettivamente rispondono».

Le richieste del sindacato

“La giravolta del Governo in tema licenziamenti crea grande ansia alle lavoratrici e ai lavoratori nelle aziende in difficolta che, anche nel nostro territorio, in questi mesi hanno fatto ampio uso degli ammortizzatori sociali”. Esprime la propria preoccupazione la Cgil di Monza e Brianza, tramite le dichiarazioni della segretaria generale Angela Mondellini che, in merito al colpo di spugna sul blocco dei licenziamenti a opera del presidente del consiglio Mario Draghi, parla esplicitamente di “scelta brutta contro i lavoratori in una fase delicata, e senza nemmeno un tentativo di confronto con le parti sociali”. “Proprio nel momento in cui inizia la ripresa – tuona la segretaria generale della Cgil di Monza e Brianza – c’è un pezzo di Paese che viene lasciato indietro. Il Governo – continua – sembra rappresentare gli interessi esclusivi degli industriali delle medie e grandi imprese”. “Da mesi – spiega Mondellini – Cgil, Cisl e Uil chiedono l’avvio di una fase di riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro, attendendo invano dei risultati concreti nella direzione di una universalità delle misure”.

Codice degli appalti

Il sindacato punta il dito anche sulla sospensione del codice degli appalti: “Sicuramente è necessario un riordino delle innumerevoli norme che si sovrappongono – spiega Mondellini –, ma l’azione di semplificazione del Governo sembra accontentare solo le associazioni dei datori di lavoro che avevano da tempo definito come loro obiettivo quello della cancellazione del codice degli appalti. Il tutto a discapito dei diritti e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

Mobilitazione in Lombardia

Proprio in questi giorni, Cgil, Cisl e Uil hanno promosso una mobilitazione per chiedere più attenzione e più controlli per la sicurezza nei luoghi di lavoro. Le organizzazioni sindacali di Monza e Brianza parteciperanno al presidio di lunedì 31 maggio dalle 10 alle 12 davanti a Palazzo Lombardia.

Ma la deregulation aprirebbe anche le porte alla criminalità organizzata. “Tutti gli studi – ricorda Mondellini – affermano che la deregolamentazione crea un terreno fertile per l’infiltrazione mafiosa, un rischio molto presente anche nella nostra provincia”.“I due provvedimenti, togliere i freni ai licenziamenti e allentare le maglie dei controlli, sono ingredienti della stessa ricetta, quella di lasciare fare al mercato”, commenta la segretaria generale della Cgil di Monza e Brianza, che aggiunge: “Le lunghe stagioni di liberismo hanno prodotto disastri: l’aumento della precarietà, la crescita delle disuguaglianze, l’impoverimento progressivo della classe media lavoratrice – ricorda –; alla fine si sono arricchiti sempre i soliti”.

La mazzata del Covid sulla ristorazione

Oltre 500 mila posti di lavoro nella ristorazione bruciati, 22mila bar e ristoranti chiusi nel 2020 e 6 ristoratori su 10 a fatturato dimezzato. Se non è un bollettino di guerra, il rapporto annuale sulla ristorazione presentato oggi dalla Fipe Confcommercio ci somiglia molto. Unico lume di speranza nell'annus horribilis della pandemia è quel 85% di imprenditori ancora fiducioso nel futuro malgrado tante serrande abbassate, ma gli operatori non hanno più remore a dirlo: si tratta dell'ultima opportunità. Perché in questi mesi, sottolinea la Fipe, sulla ristorazione sono piombate misure da economia di guerra: 70 giorni di chiusura forzata, poi prescrizioni igienico sanitari, infine, dopo l'estate, il valzer dei colori con chiusure e riaperture che hanno scritto l'odissea senza ritorno di migliaia di ristoratori. Dei 514 mila posti di lavoro persi il rapporto evidenzia che 243mila sono lavoratori subordinati a tempo indeterminato, in larga parte donne e giovani che nonostante il blocco dei licenziamenti, hanno deciso di rassegnare le dimissioni perché la cassa integrazione con i suoi ritardi, sottolinea la Fipe, non garantiva loro una vita dignitosa. Storie dell'altro mondo, denunciano gli esercenti, per un settore che tra il 2013 e il 2019 aveva creato 245mila posti di lavoro e adesso spera che le imprese fallite rimangano 'solo' 22mila, perché il rischio, dice il rapporto, è che il numero possa crescere ancora con la fine dell'effetto anestetico di sostegni, cassa integrazione e moratorie. Ma nella guerra pandemica, evidenzia lo studio, le aziende si sono trovare a combattere in trincea, anche se ferite e spesso senza munizioni. Dati del rapporto alla mano, il 97,5% dei ristoratori ha denunciato un calo di fatturato, mentre i sostegni sono stati inefficaci per l'89,2% degli imprenditori. Il 23,7 % poi non è riuscito a prenderli affatto a causa di impedimenti burocratici, tralasciando poi altri settori, come il gioco e le discoteche, che continuano a essere chiusi per decreto e non hanno neanche un fatturato da presentare come requisito per l'accesso. Continuare a sostenere che non erano loro la causa del contagio e che averli dipinti come 'untori' fosse contro ogni dato scientifico, secondo la Fipe, è sacrosanto ma non basta. Quello che gli esercenti chiedono è curare quelle centinaia di aziende morenti che rischiano di essere infiltrate dalla criminalità organizzata e ripartire.  "Dopo aver dato certezze sulle date di riapertura, cureremo anche le imprese ferite dalla pandemia", ha promesso il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti nel corso della presentazione del rapporto, ipotizzando anche "misure di ristoro slegate dal calo di fatturato del 30%, soglia troppo poco flessibile, il Green pass per riaprire le attività ancora chiuse per decreto e un fondo per discoteche e sale giochi perché anche queste attività possano essere ristorate in modo forfettario". Tutti passi in avanti per il presidente della Fipe Lino Enrico Stoppani che, oltre sostegni a fondo perduto e aliquote Iva più basse, chiede "soprattutto sostegno alla crescita nel nuovo pnrr, perché quei 31mila consumi in meno possono minare la fiducia nella ripresa". Ed è proprio all'agognata ripresa che Giorgetti punta dicendo che "non bisogna avere paura di ideare e mettere a terra una politica industriale di sostegno alla filiera alimentare e turistica per il rilancio a cascata anche del settore dei pubblici esercizi", ha concluso Giorgetti.