Perché il cibo al supermercato costa (e costerà) sempre di più

Il carrello della spesa costa il 10% in più dell’anno scorso e il motivo ha a che fare con l’energia e la siccità. E qualche azienda ne approfitta

Anche senza guardare i dati dell’Istituto nazionale di statistica, è sufficiente fare la spesa per avere una misura dell’allarmante aumento di prezzi dei beni alimentari. Rispetto all’anno scorso, il carrello della spesa costa quasi il 10 per cento in più. Le ragioni di questo aumento sono, ancora una volta, imputabili soprattutto all’aumento del costo dell’energia.

Bisogna considerare due cose. Primo: la produzione agricola e quella alimentare italiana assorbono più dell’11 per cento dei consumi energetici totali. Secondo: nel nostro Paese, circa il 60 per cento dell’energia è prodotta usando gas naturale, il cui prezzo negli ultimi mesi ha raggiunto picchi mai visti. L’esplosione del costo del gas ha quindi avuto un impatto devastante sulla filiera del cibo, dal campo alla tavola.

In tutto questo è arrivata la siccità che ha devastato le colture e dimezzato molti raccolti: un decimo della produzione totale è andata bruciata, con una perdita per i produttori di circa sei miliardi di euro. Quest’anno, secondo un’analisi di Coldiretti – la maggiore associazione di agricoltori italiana – a causa della crisi energetica e della siccità le famiglie italiane dovranno spendere circa 150 euro in più per la spesa alimentare.

Questi aumenti, però, riflettono solo in parte la crisi che ha colpito i produttori. Un’impresa agricola su dieci – spiega Coldiretti – “è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività”. E di quelle che lavorano, un terzo lo fa in perdita, secondo i dati del Consiglio per la ricerca in agricoltura.

E la ragione, oltre all’energia e alla siccità, sono i rincari che a loro volta colpiscono pressoché ogni aspetto della produzione alimentare. Nel giro di un anno il prezzo del concime è aumentato del 170 per cento, il mangime del 90 per cento, il gasolio per i mezzi del 119 per cento. E ancora, il vetro per alimenti del 30 per cento, il tetrapack del 35, le etichette del 35, il cartone del 45, i barattoli di banda stagna del 60 e la plastica del 70 per cento.

Sulla grande distribuzione dei supermercati, poi, il prezzo dei carburanti incide maggiormente rispetto ai prodotti a chilometro zero. Il Governo ha prolungato lo sconto sulle accise fino a settembre, ma dopo quella data si prevede un nuovo rincaro di benzina e gasolio.

"Occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole e industriali”, ha detto il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini. In modo che i prezzi equi “non scendano mai sotto i costi di produzione, come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni”. In altre parole, bisogna mettersi d’accordo per non andare tutti in perdita.

Ma sul futuro incombe lo spettro dei nuovi aumenti del gas previsti per l’inverno. Nella sua periodica segnalazione al Parlamento, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente prevede per l’ultimo trimestre dell’anno un aumento del costo di luce e gas del 100 per cento rispetto al costo attuale. Le bollette, già altissime, potrebbero quindi raddoppiare costringendo le aziende a limitare la produzione – e licenziare lavoratori – oppure aumentare ancora i prezzi.

Tra le strategie usate da alcune aziende per limitare i danni, ce ne sono alcune piuttosto ingannevoli, come quella di diminuire la quantità di cibo mantenendo il prezzo invariato. Una confezione di pasta da 400 grammi invece che 500 (come nel caso della Barilla), riso da 850 al posto delle scatole da un chilo, lattine da 25 millilitri invece da 33.

Secondo le rilevazioni dell’Istat, l’utilizzo di questa pratica è in aumento e per questo il Codacons – che riunisce le associazioni in difesa dei consumatori – ha presentato un esposto all’Autorità antitrust e a 104 Procure di tutta Italia per verificare se la prassi avviata dai produttori possa costituire una pratica commerciale scorretta.