Accordi commerciali, strada in salita per l’Europa

Gli accordi commerciali con i Paesi Terzi sono da sempre un tema scottante per la Ue, in generale per tutti i settori dell’economia ma in primo luogo per quello agro-alimentare. Le barriere agli scambi che tuttora persistono e che costano ai cittadini onerosi sovrapprezzi, sono di tipo fisico, fiscale e tecnico. Nel tempo si alternano le tensioni tra Europa Unita e Paesi Terzi ora su un tipo di barriere ora sull’altro; le tasse sui formaggi e vini dell’epoca Trump negli Usa, per esempio, le nuove regole per Brexit, le tensioni con la Cina. Ultimamente si nota uno spostamento verso le barriere cosiddette tecniche o non tariffarie. Si tratta di una guerra di standard che determina continui contenziosi e concorrenze sleali. Le regole per i prodotti agro-alimentari sono l’oggetto perfetto dei conflitti con i Paesi Terzi per l’uso strumentale e protezionistico che viene loro dato; questo aumenta i costi sui mercati internazionali e ci mette spesso in condizioni di subire importazioni meno sicure rispetto agli standard europei.

Con la nuova decisione europea battezzata Farm to Fork è stata lanciata una strategia dalla Commissione europea per ridurre l’impatto delle produzioni agroalimentari su ambiente e clima, in accordo con il Green Deal; si tratta di una serie di obiettivi, che prevedono riduzione dell’uso dei fitofarmaci e fertilizzanti e l’introduzione di un sistema di etichettatura nutrizionale uniformato a livello europeo, sperando che non sia quello a semaforo che penalizzerebbe i prodotti italiani. Questo richiede che siano inseriti capitoli vincolanti sullo sviluppo sostenibile in tutti gli accordi commerciali dell’Unione Europea coni Paesi Terzi. Negoziazione difficile e delicata che rischia di complicare gli accordi in corso.

davide.gaeta@univr.it