ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Sparks, il debutto tra le scintille: "Vedrete, ci faremo perdonare.... Moroder? È stato il nostro maestro"

Enrico Ruggeri, fan della prima ora, intervista i due fratelli Ron e Russell Mael che planano a Milano "Da ragazzi ci piacevano le band britanniche come Who e Kinks. Quelle sono state le prime influenze".

Enrico Ruggeri, fan della prima ora, intervista i due fratelli Ron e Russell Mael che planano a Milano "Da ragazzi ci piacevano le band britanniche come Who e Kinks. Quelle sono state le prime influenze".

Enrico Ruggeri, fan della prima ora, intervista i due fratelli Ron e Russell Mael che planano a Milano "Da ragazzi ci piacevano le band britanniche come Who e Kinks. Quelle sono state le prime influenze".

"Scusate il ritardo di questo debutto, ma ci faremo perdonare con un grande spettacolo" assicurano gli Sparks. C’è voluto il tour di “Mad!”, 26° album in studio di una carriera iniziata nel ‘71, per convincere i fratelli Ron e Russell Mael a mettere Milano nella loro agenda e sbarcare agli Arcimboldi martedì prossimo. Nel curriculum un demenziale blitz televisivo dell’83 a “Domenica In” finito a torte in faccia davanti ad un esterrefatto Pippo Baudo (per presentare, fra l’altro, un album di valore quale “In outer space”) e tre concerti nel 2015 a Genova, Catania e Treviso coi FFS, la band messa in piedi assieme ai Franz Ferdinand. Nient’altro. “La band preferita dalla vostra band preferita” come la racconta “The Sparks Brothers”, il documentario di Edgar Wright arrivato sugli schermi quattro anni fa, per rimarcarne l’influsso avuto sulle cose del pop, si prepara al grande passo. E a parlarne col pianista Ronald “Ron” Mael (iconico maschera del pop, oggi settantanovenne, impersonato pure da Paul McCartney nel video di “Comin’up”) è un fan della prima ora quale Enrico Ruggeri.

Ruggeri: Perché nel 1973 avete lasciato Los Angeles per l’Europa?

Mael: "Avevamo pubblicato due album con l’etichetta di Todd Rundgren. Il pubblico era contento delle canzoni, ma ai concerti non c’era una grande risposta. E quando suonavamo al Whiskey A Go-Go eravamo solo noi e le sei cameriere. Organizzammo un concerto in Inghilterra e un visionario come il fondatore della Island Records, Chris Blackwell, ci disse ‘trasferitevi qui e vi promuoverò con la mia etichetta’. Non ce lo facemmo ripetere due volte. Il disco successivo fu ‘Kimono my house’ e il resto è storia".

A proposito, “Kimono My House” resta il vostro album più rappresentativo?

"Nel Regno Unito sì, ma altrove abbiamo avuto nel corso degli anni anche dischi più popolari. ‘Gratuitous Sax & Senseless Violins’ in Germania, ad esempio, ma anche ‘Whomp that sucker’ e ‘Angst in my pants’ negli Stati Uniti. Il nuovo album ‘Mad!’ nel Regno Unito ha debuttato al secondo posto, il piazzamento più alto della nostra carriera".

Dovendo riassumere la vostra storia in 3 dischi, quali scegliereste?

"Punterei sicuramente su ‘N° 1 in heaven’ del 1979 e su ‘Lil’ Beethoven’ del 2022, oltre che su ‘Mad!’. Dischi molto diversi tra loro, ma che per noi rappresentano momenti musicali salienti del cammino".

“N°1 in heaven” segnò l’inizio della vostra collaborazione con Giorgio Moroder. Com’è stato lavorare con lui?

"Davvero emozionante. Alla fine degli anni Settanta ci rendemmo conto di aver ottenuto il massimo dalla formula adottata fino a quel momento e di dover, quindi, cambiare strada. Giorgio, che due anni prima aveva prodotto ‘I feel love’ di Donna Summer, ci sembrò l’uomo giusto per l’approccio con l’elettronica a cui pensavamo. In quel campo è stato lui ad insegnarci tutto quel che sappiamo".

Ritengo che voi abbiate “inventato un genere musicale” tutto vostro. Che influenze avete avuto?

"Da ragazzi ci piacevano le band britanniche come Who e Kinks. E quindi quelle sono state le prime influenze. Quando da ragazzo provi a imitare certe band, può capitare che nasca qualcosa di nuovo. È accaduto a noi come ad altri".

C’è qualcuno in grado di raccogliere la vostra eredità artistica?

"Ci sono delle band che sembrano impegnarsi molto a fare qualcosa di diverso come il quintetto femminile delle Last Dinner Party e altre formazioni similari".

Nel repertorio dello show c’è pure un brano di “Annette”, il vostro musical portato al Festival di Cannes quattro anni fa da Léos Carax.

"La creazione di un musical segue regole diverse rispetto a quella di un album tradizionale, perché entrano in gioco tanti fattori. Avventura, comunque, molto stimolante per noi, che siamo già al lavoro su un altro intitolato ‘X Crucior’ e diretto da John Woo. Ora si tratta di trovare i finanziamenti, ma siamo fiduciosi perché il regista di ‘Hard boiled’ e ‘Face/Off’ s’è davvero appassionato molto al progetto".

Andrea Spinelli