
Franco D'Andrea
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Milano - D’Andrea & D’Andrea. Franco D’Andrea suona le sue composizioni sabato prossimo alla Camera del Lavoro di Milano nel primo appuntamento di “Risveglio in musica”, la rassegna dell’Atelier Musicale in bilico tra jazz, classica e contemporanea, arrivata alla sua ventisettesima edizione. Ottant’anni e un’avventura artistica iniziata nel ’63 assieme al trombettista Nunzio Rotondo, quello del pianista meranese trapiantato a Milano è un percorso passato attraverso il jazz rock del Perigeo e una miriade di collaborazioni, comprese quelle con Max Roach, Gato Barbieri, Dave Douglas, Phil Woods, Lee Konitz, Dave Liebman. D’Andrea è in scena all’Auditorium G. Di Vittorio alle 17.30. Stesso luogo, stesso giorno (il sabato) e stesso orario anche per gli altri appuntamenti in cartellone fino al 19 marzo, a cominciare da quello dedicato a Bill Evans con Enrico Pieranunzi, Stefano “Cocco” Cantini e Maurizio Franco del 16 ottobre, l’omaggio a Corto Maltese di Giovanni Falzone, Alessandro Rossi e il fotografo Pino Ninfa il 13 novembre, o ancora il duo Enrico Intra-Margherita Carbonell il 23 ottobre, e la reunion dello storico Trio di Gianluigi Trovesi con Paolo Damiani e Gianni Cazzola il 22 gennaio. Quattordici appuntamenti in tutto.
D’Andrea, cosa proporrà alla Camera del Lavoro?
"Un riassunto della mia produzione. Il piano solo offre ad un musicista la grande opportunità di fare quel che gli passa per la testa. I brani del repertorio sono come delle carte che metti sul tavolo per dare vita ad un gioco che si realizza al momento prima in maniera un po’ irrazionale e poi, nel corso della ‘partita’ in maniera un po’ più ragionata".
Niente di prestabilito, dunque.
"Assolutamente, no. Stravinskij diceva che la musica è incapace di esprimere nient’altro che se stessa. Io penso che qualche influenza invece ci sia, ma confido molto anche nel concorso dell’inconscio, tant’è che nel 2005 mi sono detto: basta scalette, lasciamo che le cose vengano da sole. Non ho inventato niente, visto che Miles Davis lo faceva già alla fine anni Sessanta".
S’è trasferito a Milano a fine anni Settanta.
"Prima vivevo a Roma. Fui accolto con una certa freddezza; ero un ‘panchinaro’ chiamato a sostituire i pianisti che venivano a mancare in questa o in quella formazione. Gianni Basso mi disse, guarda io una mano te la do, ma devi darti una mossa perché nella classifica dei pianisti milanesi del Capolinea sei solo il 19°. Iniziai a darmi da fare e incontrai Sergio Veschi dell’etichetta Red Records, quella che mi avrebbe aperto grandi opportunità. Quindi si può dire che la mia musica è nata a Milano".
Progetti?
"Ho registrato un nuovo album, ‘New things’ con Enrico Terragnoli e Mirko Cisilino, il mio Trio attuale. Poi ho in programma un incontro in bilico sull’elettronica con DJ Rocca, al secolo Luca Roccatagliati, e uno con un’orchestra di 16 elementi arrangiata dallo spagnolo Eduardo Rojo Gonzales su musiche che abbiamo sviluppato online durante la pandemia".