PIERO LOTITO
Cultura e Spettacoli

Il professore e il terrorista: "Arrigo, sappi che non sei solo"

Storia dell’amicizia tra un ex insegnante e un ex membro dei Proletari armati per il comunismo

Il professore e il terrorista: "Arrigo, sappi che non sei solo"

Storia dell’amicizia tra un ex insegnante e un ex membro dei Proletari armati per il comunismo

Lettere al carcere e dal carcere. Quanta pena e quante speranze tra mondo libero e prigionia con la sola mediazione della parola scritta: una parola che consola, tiene compagnia, si fa sostituta dell’abbraccio fisico. "Sappi che non sei solo". Con queste cinque si conclude una delle lettere più significative di questo modo di portare umanità nel luogo dove ogni giorno sembra che la vita sia già finita. La scrisse il 16 aprile 1984, quarant’anni fa, un intellettuale milanese a un detenuto a Roma. Era autore Cesare Cavalleri, già allora direttore delle Edizioni Ares e della rivista di cultura Studi cattolici, nonché collaboratore dal primo numero (4 dicembre 1968) del quotidiano Avvenire. Destinatario, Arrigo Cavallina, uno dei fondatori nel 1978 dei Proletari armati per il comunismo (Pac), tra le formazioni terroristiche più spietate, accusato di banda armata e concorso nell’omicidio del maresciallo Santoro, reclutatore di Cesare Battisti e detenuto a Rebibbia. Perché a chiusura della lettera un saluto così fermo, così solidale? Perché vent’anni prima, Cavalleri era stato insegnante di Cavallina in un istituto tecnico commerciale a Verona. E quando aveva letto sui giornali quel nome tra gli imputati del cosiddetto “Processo 7 aprile”, aveva subito pensato che si trattasse proprio del suo ex allievo, "un ragazzo molto intelligente, militante della Federazione giovanile comunista", che aveva "tutte le caratteristiche per andare fino in fondo con le sue idee".

Venti giorni dopo, una lunga risposta: "Caro professore, pensi che combinazione strana, avevo raccontato di Lei ai miei coinquilini pochi giorni prima di ricevere la lettera, leggendo su Famiglia cristiana la sua rubrica…". E il detenuto racconta tutto della propria vita dopo il quinto Ragioneria: la laurea in Economia e commercio, la frequentazione di gruppetti marxisti-leninisti, trasferimento a Milano nel ’73 con incarichi in istituti professionali e "in rapporto col “gruppo di Toni Negri”" e "fine di ogni spazio umano, pura bestia politica, in assoluta solitudine al di fuori del tempo del “dovere”. Compreso in questo il dovere della violenza". E gli dice dell’arresto nel ’75, dell’assoluzione nel ’77, del carcere "scuola di rabbia e di odio", della madre e dei genitori della sua ragazza, tutti morti di cancro, dei "rapporti stretti con uno dei gruppetti più folli e sanguinari", di un po’ di luce nel ’79 e poi, sotto quel Natale, il nuovo arresto.

Comincia così tra l’ex professore e il terrorista un lungo, fitto, affettuoso carteggio: uno scambio di confidenze e domande sul mistero della vita. Instancabile, Cavalleri prende a frequentare per l’amico (perché questa è una storia di straordinaria amicizia) le aule dei tribunali e a parlare con avvocati e giudici. E lo incoraggia incessantemente: "Sei molto cambiato e molto devi ancora cambiare, ma sei sempre tu e devi sentirti sempre tu… Devi assumere la fortezza di assumere in pieno tutto il tuo passato, perché solo così potrai superarlo… Già ora, nel carcere, puoi distribuire un po’ di umanità… Puoi scrivere articoli per la mia rivista, puoi preparare un libro. È molto importante, anche ai fini della riparazione. Io sono un piccolo editore, ma pur sempre un editore". E che editore, Cavalleri: nel sonnolento panorama editoriale di quegli anni, aveva creduto in Eugenio Corti e pubblicato nel 1983 il suo romanzo Il cavallo rosso, pluritradotto successo, "una delle cose più grandi uscite negli ultimi decenni". È impossibile, qui, riportare per intero la straordinaria umanità che percorre lo scambio epistolare tra l’editore e il carcerato. Nel 2021 è stato raccolto in un libro Ares a doppia firma e dal titolo quanto mai esplicito, Il terrorista & il professore.

Oggi, Arrigo Cavallina ha 79 anni, e da più di trenta è un uomo libero dopo avere scontato 12 anni tra reclusione e misure alternative. Fra i primi dissociati politici dal terrorismo (grazie anche a lui, la legge in materia), oggi lavora per il recupero dei carcerati e non si risparmia dall’intervenire in ogni modo per l’umanizzazione della pena. Una disposizione d’animo derivante anche dalla conversione alla fede, alla quale Cavalleri, numerario dell’Opus Dei, che per lui cominciò a frequentare le aule dei tribunali, parlando con avvocati e giudici, contribuì anche con la sua incessante vicinanza spirituale: "Io devo parlarti di Dio… Tu, dunque, sappi questo: Dio c’è, indipendentemente da che tu lo senta o meno. C’è ed è buono, ti vuole bene non perché tu sei buono, ma perché Lui è buono. E ti vuole bene come sei, perché Lui non ha esitato a incarnarsi e a dare la propria vita non per i buoni, ma appunto per i peccatori…". Ma Cavalleri è anche uomo di leggerezza, e quando nel maggio ’85 scrive al suo amico dei lavori sotto casa per la linea 3 della metropolitana, dice che l’occasione gli ha fatto rileggere Il pianto della scavatrice di Pasolini, "che è bellissimo nonostante qualche scivolatura contenutistica". Cavalleri, appunto: l’editore, il direttore editoriale, il critico raffinato e severo, il cattolico più cattolico dei cattolici, muore il 28 dicembre 2022 a 86 anni dopo avere così scritto su Avvenire, scherzando sui medici: "…mi hanno graziosamente comunicato che mi restano 9 settimane di vita".