
Filippo Renda torna con uno spettacolo immersivo. In scena la performer Rebecca Sisti e la dj Sofia Tieri
Al buio. La musica elettronica che suona forte. Dalle casse. Una voce femminile condivide in versi una vicenda di amore. Tossico. Mentre il pubblico rimane lì in piedi a far quel che gli pare: osservare, irrigidirsi, ballare. Perché Filippo Renda torna ancora una volta dalle parti del rito con "Il cacciatore di streghe", produzione MTM, da stasera a sabato in Sala Cavallerizza del Litta. Spettacolo immersivo. Sensoriale e collettivo. Con in scena la performer Rebecca Sisti e la dj Sofia Tieri.
Filippo, ci racconti della performance.
"Dopo Baccanti e Medea, in tanti hanno chiesto uno stimolo ulteriore per entrare nel rituale teatrale. Un passettino in più che ho provato a compiere con Sofia Tieri, indagando a livello testuale il tema della manipolazione affettiva in una struttura un po’ alla Offlaga Disco Pax, dove una voce narrante si muove sopra il set musicale".
Chi è il cacciatore?
"Doveva essere il protagonista, in realtà è la figura assente ed evocata, l’inquisitore. Perché inizialmente pensavo di condividere il punto di vista del manipolatore. Ma poi ho cambiato prospettiva ed è riemerso il femminile. Lo stesso testo nasce da un mio scambio epistolare con Sofia, sviluppandosi sugli stimoli incontrati lungo la strada. È quasi tutto in versi endecasillabi, una forma dettagliata, che piano piano mi spinge di lato, sia come autore che come regista".
Non è un paradosso che sia però lei a parlare del femminile? "Credo sia un tema che attraversa i generi, per quanto non mi senta estraneo alla linea di pensiero che estromette il maschile dalla questione. Quello che domandi per me rappresenta la crisi irrisolvibile legata al mio lavoro, perché ho sempre portato in scena il femminile consapevole di non essere la persona più adatta a farlo. È un cortocircuito con la mia conscienza".
Comporre delle condizioni non è già indirizzare lo sguardo?
"È una delle grandi insidie. La volontà però è quella di dare azione a un processo di liberazione".
Quanto è importante il pubblico?
"La fruizione diretta è al centro del lavoro. Tanto che ci si può muovere liberi. Ma il coinvolgimento non è costruito, non sappiamo come decideranno di agire gli spettatori".
A lungo il suo teatro ha invece indagato il testo: come vive oggi quest’aspetto?
"L’analisi drammaturgica è uno dei mezzi, così come la ritualità stessa. Sto andando in un’altra direzione, ma non per questo considero poco affascinanti le forme classiche o addirittura il teatro borghese. Anzi. Mi viene da affrontarlo, senza snobismi. Ma solo con l’idea che gli spettacoli siano davvero diretti al pubblico, trasformandosi in un ponte con la platea".