Al Linear Ciak il ritorno di Dario Fo con il Mistero Buffo

Uno spettacolo che vive e lotta insieme a noi dal 1969 di DIEGO VINCENTI

Dario Fo

Dario Fo

Milano, 26 maggio 2016 - Cos'altro si può raccontare di “Mistero Buffo”? Di uno spettacolo che vive e lotta insieme a noi dal 1969, anno di rivoluzioni e barricate? A distanza di mezzo secolo è ancora lì, sul palco. Ma la notizia non è tanto la riproposizione di un grande classico, solo domani sera al LinearCiak. Quanto che a interpretarlo torna lo stesso Dario Fo. Che a novant’anni non ci pensa proprio alla pensione. Complimenti. E pensare che fra qualche giorno (mercoledì 1 giugno) sarà pure protagonista al Festival Milano Off nel quartiere Isola, accompagnato dal pianista Enrico Intra per raccontare della Seconda guerra mondiale. Scritto dal Nobel insieme a Franca Rame, “Mistero Buffo” (sottotitolo: Giullarata popolare del 400) ha segnato una svolta nel lavoro della coppia. E in qualche modo anche nella società italiana. Con un ritorno alle origini popolari dell’arte e al suo profondo valore sociale in rappresentazioni che spesso nascevano lontane dai palcoscenici ufficiali. In luoghi alternativi.

Debutto ufficiale il 1° ottobre 1969 a La Spezia. Da lì non ci si è più fermati. Mosaico di monologhi in continua evoluzione, “Mistero Buffo” rielabora testi antichi riproponendoli attraverso un grammelot di suoni, ancor prima che di parole. Minestrone parodistico che prende in giro francese, italiano, latino e una bella manciata di dialetti della Pianura Padana. Si aggiunge colore. Si lascia spazio al furore interpretativo. La drammaturgia si presta a divenir canovaccio, come nella migliore tradizione del teatro di strada. D’altronde la motivazione del Premio Nobel per la Letteratura nel 1997 fu molto chiara: «Perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi». Eccolo allora il Giullare premiato dall’Accademia Svedese e pubblicato da Einaudi. All’interno di un repertorio vastissimo, domani sera Dario Fo propone l’ennesima nuova versione, qui unendo due brani: il primo “La storia della tigre” è un’allegoria di tradizione cinese che racconta di un soldato ferito che si ritrova a fare amicizia con una tigre; nel secondo “La parpaja topola” va in scena la scoperta del sesso (e delle astuzie femminili) da parte del pastore Giavàn Petro. Che sa tutto di monti, fiumi e piante. Ma ancor nulla dell’amor. Per così dire. Domani alle 21 al Teatro LinearCiak.