Antonella Clerici, la vita sul palco tra musica e affetti: grazie a Legnano ho i piedi per terra. Da piccola? Volevo fare il magistrato

Dopo il successo di “Senior”, su Rai 1 con “The Voice Generations”: in scena il gap giovani-adulti "Partita da Legnano, poi il matrimonio d’amore con Roma. Ha uno spirito popolano, proprio come me"

Antonella Clerici

Antonella Clerici

Pragmatismo e sorriso contagioso. Autenticità e professionalità sono alcuni dati salienti di Antonella Clerici. E lei, padrona di casa di programmi di successo, oltre a “È sempre mezzogiorno”, su Rai 1, condurrà, il 12 ed il 19 aprile, in prima serata, anche “The Voice Generations”.

Cucina e musica, ingredienti dei suoi programmi…

"La cucina fa parte del nostro Dna, è il punto focale della casa, ma è intesa anche come cibo, di cui siamo cultori. Per noi la tavola è convivialità, è tutto. Ma lo è anche la musica: siamo un popolo di musicisti, canterino e allegro. Gli italiani all’estero amano seguirne i programmi e trasmettere la tradizione".

In “È sempre mezzogiorno” osserva il lavoro dei cuochi. I segreti per la riuscita di un buon piatto?

"La qualità degli ingredienti, a cui oggi si presta molta attenzione. A “La prova del cuoco” Beppe Bigazzi diceva: "Leggete le etichette!". Era una rivoluzione… Oggi abbiamo acquisito questa abitudine. Al pubblico a casa e a me piace quando i nostri cuochi combinano innovazione e tradizione. Abbinando la semplicità, si realizza una ricetta di successo".

Perché la cucina italiana è un’eccellenza nel mondo?

"Per una ritualità della tavola che ci contraddistingue. È sacro riunirsi in famiglia, per consumare il cibo. I grandi contrasti si risolvono, stando seduti intorno a una mensa. Trovo un po’ screditante l’etichetta “pizza e mandolino”, attribuitaci all’estero, ma ci riconduce a un piatto regionale, alla musica, alla gioia di stare insieme. È il nostro patrimonio, più del cibo".

Cosa pensa dell’uso della farina di insetti nell’alimentazione?

"Mi fa un po’ senso. Ormai tutto è alquanto contaminato. Bisogna mangiare in modo vario, ma attento, stando il più vicino possibile al km zero. Noi italiani siamo “pastaioli”, per cui necessitiamo di buone farine, non troppo raffinate".

E il fenomeno cult “The Voice Senior”?

"Il primo anno la trasmissione ci esplose tra le mani, perché in onda subito dopo il Covid, quando molti anziani erano in un letto di ospedale. Poi, nel periodo natalizio, rivedendo i “giovani grandi”, e lo slogan “Viva la vita”, in un contesto tv, connubio di storie e di talento, ciò determinò il successo del programma, diventato un cult. È uno storytelling di vita molto bello".

Ora “The Voice Generations”. Le novità?

"Vi è un gap generazionale considerevole. Protagoniste sono le persone unite non da un vincolo lavorativo, ma da affetto e amicizia reali, che le porta a cantare insieme. In presenza di musicalità diverse, la scelta delle canzoni nella trasmissione sarà più contemporanea, rispetto a quella degli over 60, come è più vario il modo di raccontare la vita comune".

L’importanza di una buona comunicazione nella sua carriera.

"Penso che lo studio mi abbia aiutato a far sì che il mio idioma sia corretto e spontaneo. Un rammarico? Non avere la stessa padronanza della lingua inglese".

A cosa aspirava da bambina?

"Volevo fare il magistrato, per occuparmi dei minori, o la farmacista: mi piaceva l’idea del banco e il contatto con le persone. Poi…".

Com’era?

"Felice e serena. Appartenevo ad una famiglia della middle class. Vivevo in provincia (è di Legnano, nel Milanese, ndr ), che mi ha dato tanto, ma che non ci si scrolla mai di dosso. Però, è stata anche il mio punto di forza: essere un po’ riservata, non festaiola, avere amici anche fuori dal mio mondo, mi ha protetto e tenuto con i piedi per terra".

E, poi, mamma a 44 anni. Ha inciso l’età sul rapporto con sua figlia?

"Pensavo che avrei avuto paura di tutto. In realtà, la provo solo quando è ammalata. Maelle è una ragazzina responsabile, intelligente e fa ragionamenti che a volte mi stupiscono. Sono protettiva, non angosciante. La mia mamma mi ha seguito, spronato, ma anche imposto la sua volontà. Era molto critica. Io lascio mia figlia libera di esprimere la sua personalità, la consiglio, ma non le impedisco di sbagliare, per farla crescere".

I valori da trasmetterle?

"Il mio mantra: la cultura è libertà. E il senso del rispetto".

Per il filosofo Friedrich Schiller è il cuore che rende padri e figli, non il sangue.

"Essere genitori è questione soprattutto di cuore. È meglio, perché i figli sono stati desiderati".

Milano e Roma a confronto.

"Con la Capitale ho contratto un matrimonio d’amore: mi ha dato la notorietà e vi è nata mia figlia. Valorizzata molto meglio, potrebbe essere davvero “caput mundi”. Milano è una città europea, tutto funziona bene, ma bisogna essere sempre in tiro. Io, più popolana, preferisco Roma".

Di che colore è Milano?

"Un po’ grigia, ripensando al tempo dell’Università: c’era la nebbia e con i compagni ci rifugiavamo nella Rinascente, per riscaldarci".