
Tanti neodiplomati andranno all'Università
Circa un diplomato su due si iscrive all’università, ma la quota di laureati lombardi tra i 25 e i 49 anni non supera la soglia del 22-23%, nonostante la presenza di università quasi in ogni provincia. Un quadro preoccupante, soprattutto alla luce dei nuovi obiettivi europei, che hanno fissato l’obiettivo del 45% di persone tra 25 e 34 anni con un’istruzione terziaria (universitaria o in istituti tecnici superiori) entro il 2030. Il confronto con l’Europa è impietoso: l’Italia è, infatti, al penultimo posto, prima solo della Romania, con un 28,3% di giovani laureati, contro una media europea del 41,2%. Per quanto riguarda la Lombardia, secondo la mappatura fatta da Openpolis, la situazione presenta forti disomogeneità tra territorio provinciale e capoluogo.
A livello provinciale, infatti, la quota maggiore di persone fra 25 e 49 laureati è a Milano e Monza, con poco più del 26%, seguite da Lecco e Varese con circa il 23%. Sotto il 20% ci sono ben 6 province: Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Mantova e Sondrio. Nelle città la situazione migliora. Milano e Pavia, dove si è consolidata una lunga tradizione universitaria, superano già l’obiettivo europeo del 45% (rispettivamente hanno il 45,98% ed il 47,74% di laureati). Gli altri capoluoghi sono invece tutti sotto il 40% (obiettivo europeo del 2020): in coda, Cremona con il 31,21%. Complessivamente, dall’analisi dei dati sulle lauree, emerge ancora un divario significativo tra i capoluoghi e gli altri Comuni.
Eppure circa la metà dei diplomati si iscrive all’università, seppure con delle diversità tra le varie province. Secondo i dati del 2019, gli ultimi disponibili, hanno avuto accesso all’istruzione superiore il 59,2% dei diplomati di Bergamo, il 53% di Brescia, il 56,8% di Como, il 53,5% di Cremona, il 60,2% di Lecco, il 57,6% di Lodi, il 51,2% di Mantova, il 58% di Milano, il 53,6% di Monza, il 56,2% di Pavia, il 44,6% di Sondrio, il 53,8% di Varese.
Non tutti, però, evidentemente, finiscono il percorso. Eppure incrementare la quota di laureati rappresenta una sfida cruciale, per la crescita del Paese, per i prossimi anni, tanto che il Pnrr - il Piano nazionale di ripresa e risilienza approvato l’anno scorso per rilanciare l’economia dopo la pandemia per consentire lo sviluppo digitale e green del Paese - prevede delle misure specifiche su questo punto. In un mondo del lavoro sempre più competitivo aumenta il livello di conoscenza richiesto per essere occupati, e con esso l’importanza del percorso di studi. Inoltre, maggiori competenze consentono di aspirare a migliori posizioni lavorative, riducendo il rischio di ricadere nell’esclusione sociale.