
La Guardia di Finanza di Messina nel vivo dell'indagine (archivio)
Scandalo rimborsi in Sicilia: la Procura dello Stretto e la Guardia di Finanza di Messina hanno aperto un’inchiesta sugli indennizzi gonfiati alle cliniche private. Secondo le prime indiscrezioni, è stata disposta un’ordinanza nei confronti di tre persone oltre il sequestro di una cifra intorno ai 3 milioni di euro ai danni di 7 strutture sanitarie private. In totale sarebbero 25 gli indagati, a vario titolo, tra funzionari pubblici dell’Azienda sanitaria provinciale di Messina e dirigenti e dipendenti delle strutture private convenzionate. Le accuse sono di truffa aggravata, corruzione, falsi e accessi abusivi a sistema informatici.
La truffa
La complessa attività d'indagine, sviluppata dal Nucleo di Polizia Economico-finanziaria di Messina, su delega del pool di magistrati della procura specializzato nei reati contro la pubblica amministrazione, ruota intorno all'acronimo Drg (Diagnosis Related Group) ovvere il sistema che consente di classificare ogni singolo caso clinico in una determinata casella variabile in relazione alla diagnosi, agli interventi subiti, alle cure prescritte al paziente ricoverato in una struttura accreditata. Sulla base del Drg e della Scheda di Dimissione Ospedaliera (in sigla Sdo) ogni singola Regione prevede la tariffa da rimborsare alla casa di cura privata convenzionata. Le indagini hanno portato alla luce un "articolato e collaudato meccanismo fraudolento, finalizzato a far lievitare artificiosamente l'entità dei rimborsi corrisposti dal sistema sanitario", indicando nella Scheda di Dimissione ospedaliera un Drg diverso rispetto alle reali attività svolte e realizzando così una truffa ai danni del Servizio Sanitario pubblico per oltre 3 milioni di euro. "Un dato estremamente allarmante - sottolinea dalla Guardia di finanza - lì dove si consideri che sono state oggetto di puntuale disamina soltanto 723 cartelle cliniche: di queste ben 591 presentavano anomalie, con una percentuale d'incidenza pari all'81,74%, tanto da indurre il giudice del Tribunale di Messina a ritenere l'esistenza di una forma 'di radicata connivenza tra controllore e controllato'". "Un sistema rodato", "la cartina al tornasole di un sistema illecito diffuso finalizzato a lucrare indebitamente sui rimborsi riconosciuti dalla Regione Siciliana per le prestazioni erogate dagli enti convenzionati" rafforzato "dal contributo offerto dal soggetto controllore, nella specie l'Ufficio dell'Asp di Messina i cui funzionari, anch'essi sistematicamente, omettevano di rilevare le pur patenti irregolarità attestando falsamente nei verbali Noc la conformità della documentazione esaminata ai parametri previsti".
I protagonisti
Una ex dirigente dell'Asp (Azienda Sanitaria Provinciale) di Messina (oggi in pensione e quindi non destinataria di misura cautelare), sarebbe al centro dell'inchiesta. La donna, M.F. 65 anni, già a capo del Nucleo operativo di controllo dell'Asp di Messina, è indagata per truffa aggravata ai danno dello Stato, accesso abusivo a sistema informatico, falso e corruzione. Il gip la descrive come un soggetto che, "forte di una consolidata esperienza amministrativa e burocratica", si è dimostrata "dotata di una pervasiva capacità di orientare l'impatto della macchina amministrativa", con "atteggiamento spregiudicato, piegandola a interessi di parte in funzione di un tornaconto personale". Le intercettazioni hanno evidenziato come la dirigente vantasse un "rapporto privilegiato e di cointeressenza" con i vertici delle case di cura coinvolte nell'inchiesta e, in particolare, con E.M. di 82 anni, della C.G. Spa e la G. Spa, società che avrebbero ricevuto dal Sistema sanitario rimborsi per 423.934 euro. Le indagini hanno accertato come la donna avesse fornito ad un medico, dipendente della G. Spa e indagato per accesso abusivo a sistema informatico, le proprie credenziali riservate al sistema 'Qualità Sicilia Ssr' in modo da consentirgli di inserire, indebitamente, i dati relativi alle procedure di verifica sulle cartelle cliniche. Gli altri due destinatari di misura cautelare sono un calabrese di 63 anni, direttore sanitario della Casa di cura gestita dalla Cot Spa che avrebbe ricevuto rimborsi per 364.415,77 euro (indagato anche per accesso abusivo al sistema informatico) e un messinese di 51 anni, socio della casa di cura V.S. destinataria di rimborsi per 655.063,55 euro. Per i tre è stato disposto il divieto per quattro mesi di esercitare attività imprenditoriali e di ricoprire incarichi apicali nell'ambito di imprese e persone giuridiche.