
Isac Djamel Beriani e l'auto che l'aveva travolto
Milano, 9 ottobre 2023 – Per la Procura di Milano dovrà rispondere di "omicidio stradale" il 23enne che, tre anni fa, investì Isac Djamel Beriani, 20 anni, nato a Milano da genitori algerini. Il giovane, dopo aver bevuto troppo, si era messo a fare le flessioni nella corsia centrale della Tangeziale Est.
Il pm Francesco De Tommasi individua nella condotta del 23enne alla guida dell’Audi che centrò Isac "negligenza, imprudenza e imperizia" nonché "colpa specifica". Così si legge nell’avviso di chiusura indagini con cui chiede il suo rinvio a giudizio con l’accusa, appunto, di omicidio stradale.
La "colpa specifica" del 23enne che quella notte del novembre di tre anni fa era alla guida dell’Audi, per la Procura, fu quella di aver "violato il limite di velocità". L’Audi procedeva ai 135 all’ora mentre il limite notturno era di 90. Secondo il pm si presume che se il giovane avesse diminuito la velocità stando dentro i limiti si sarebbe accorto di un "ostacolo" al centro della carreggiata.
L’”ostacolo” era l’algerino Isac che al termine di una notte di bevute aveva lanciato una sfida agli amici, anche loro ubriachi: "Mi metto al centro della tangenziale e, al buio, faccio le flessioni prima che arrivi una macchina", riporteranno gli amici testimoni della tragedia. Una goliardata dopo tanto alcol, la voglia di una sfida, pagata con la vita.
Le lunghe indagini hanno restituito la verità su quanto accaduto quella notte di gennaio e hanno liberato i quattro amici testimoni della morte di Isac da un macigno: l’accusa di avere avuto una responsabilità nella tragedia. Beriani trascorre la serata con i quattro amici in un locale nei pressi della tangenziale. Bevono, fanno festa, poi si rimettono in macchina. Si fermano ai bordi della strada perché uno di loro si sente male per l’eccesso di alcol e mentre alcuni di loro danno le spalle a Isac lui, per riprendersi dalla sbornia, corre verso la tangenziale e non sentendo il rumore di alcuna auto si mette a fare le flessioni, lanciando la sfida.
Gli amici, intenti ad aiutare chi si era sentito male, si accorgono di quanto sta succedendo a Isac solo quando i fari dell’auto che lo travolgerà bucano il buio della notte. La frenata brusca, le urla, il tonfo sordo del corpo che ricade sull’asfalto, il silenzio, la morte quasi immediata. Il primo che gli presta soccorso è proprio il giovane alla guida dell’Audi che oggi è chiamato a rispondere di omicidio stradale. Gli amici, invece, restano impietriti, il panico non li fa ragionare, non sanno che fare, diranno, cercano di capire e quando vedono che qualcuno si è già fermato a prestare aiuto al loro amico si rimettono in auto e partono senza capire che quella condotta potrebbe diventare un reato.
Dopo qualche metro si pentono, è più chiaro quello che è successo e tornano indietro. Nel punto esatto in cui Isac è stato travolto ci sono già alcune auto ferme e due ambulanze. I soccorsi sono arrivati e loro a quel punto se ne vanno. Per questo non risponderanno di omissione di soccorso, perché l’obbligo di aiuto ricade giuridicamente su chi ha causato il sinistro. La loro condotta è simile a quella di chiunque sia testimone della scena di un incidente in cui sono già presenti soccorsi. Essersi allontanati può essere un problema di coscienza, ma non ha valore penale.