Sanità lombarda, il Pronto soccorso non piace: il 60% degli specializzandi lo evita

Il guaio in Lombardia non è solo la mancanza di medici ma anche la distribuzione per competenze Emblematico il caso della Medicina d’Emergenza-Urgenza: oltre la metà dei corsi rimane vuota

Pronto soccorso

Pronto soccorso

Milano, 28 febbraio 2023 -  Il problema della sanità lombarda non è solo la mancanza di medici, ma anche la loro distribuzione per competenze. I camici bianchi infatti per svolgere le loro mansioni devono specializzarsi, ma almeno il 18% degli indirizzi in Lombardia o non è stato proprio preso in considerazione oppure è stato abbandonato entro 12 mesi dall’inizio del corso perché il futuro medico ha preferito fare un nuovo concorso o cambiare specializzazione. Negli ultimi due anni su 5.106 contratti disponibili ben 636, il 12% del totale, non è stato assegnato perché nessuno si è fatto avanti; mentre gli specializzandi che hanno preferito abbandonare a corso iniziato sono stati 265, il 5% del totale.

Numeri sconfortanti anche se in linea con il dato nazionale. In testa alle discipline meno ambite ci sono Patologia Clinica e Biochimica Clinica con il 91% di posti che rimangono vuoti, Microbiologia e virologia (88%), Farmacologia e Tossicologia Clinica (86%), Medicina e Cure Palliative (77%), Medicina nucleare (72%) e Medicina d’Emergenza-Urgenza (60%).

"È evidente che i giovani medici non sono attratti dal lavoro in laboratorio – spiega Stefano Magnone, segretario regionale di Anaao - Assomed Lombardia – Specializzazioni queste ultime forse più ambite da altri dirigenti sanitari che al momento però non hanno il contratto e sui quali occorre investire. La Medicina d’Emergenza-Urgenza sconta, come in tutto il Paese, la crisi del Pronto soccorso e un’arretratezza culturale che non permette di spendere in modo appropriato le competenze che questi professionisti acquisiscono nel percorso formativo e professionale".

E infatti il dato relativo all’Emergenza-Urgenza è da bollino rosso: su 343 corsi di specializzazione organizzati negli ultimi due anni più della metà, 179 ovvero il 52%, sono rimasti deserte. E il tasso di abbandono di chi si è iscritto è pari all’8%. In pratica il 60% delle specializzazioni non viene assegnato e questo la dice lunga sulle difficoltà degli ospedali a coprire i ruoli. "A questo si aggiungano la fatica, lo stress e il rischio professionale, attualmente senza alcun riscontro economico, di carriera e di tutela sostanziale – prosegue Magnone – C’è molto lavoro da fare sia per un sindacato come il nostro sia per la politica tutta, se non si vuole far crollare in pochi anni il sistema ospedaliero, mentre si sta faticosamente puntando sul territorio per sgravare il Pronto soccorso di tutti gli accessi inappropriati e ridurre il fenomeno del boarding (ovvero l’attesa di un posto in reparto, che può protrarsi anche per giorni ndr ), frutto dei tagli dei letti e delle carenze, appunto, del territorio". Così nonostante il numero di contratti disponibili negli ospedali, i giovani camici bianchi disertano Medicina d’Emergenza-Urgenza, Medicina Interna, Anestesia e Rianimazione e Chirurgia Generale: troppo faticose e con minori possibilità di conciliare vita e lavoro.