Pillole di iodio e l'incubo nucleare: "No cure fai da te. Cosa fare contro le radiazioni"

L'attacco alla centrale ucraina ha generato il panico: boom di compresse in Belgio. Il dottor Franco Grimaldi, presidente di Ame: "Esistono linee guida per la prevenzione"

L'invasione russa in Ucraina e gli attacchi dell'esercito di Putin a Chernobyl e alla centrale di Zaporizhzhia hanno fatto piombare l'Europa nell'incubo di una possibile guerra nucleare. Tanto che in Belgio, per fare un esempio, si registra un boom della domanda di compresse anti-radiazioni a base di iodio. Nel Paese che ospita sette reattori nucleari ancora in funzione (il cui spegnimento è previsto per il 2025) le pillole vengono distribuite gratuitamente nelle farmacie tramite la semplice presentazione della carta d'identità. E anche in Svizzera le compresse allo iodio vengono distribuite a titolo preventivo a tutte le persone che soggiornano regolarmente nelle città in un raggio di 50 chilometri attorno agli impianti nucleari.

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Pillole anti-radiazioni, cura fai da te?

Ma assumere queste pillone anti-radiazioni in una sorta di cura preventiva fai da te è una pratica corretta? A fare chiarezza è Franco Grimaldi, presidente dell'Associazione medici endocrinologi (Ame). "Assolutamente no al fai da te. Assumere compresse allo iodio per proteggersi da eventuali radiazioni nucleari è sbagliato e rischioso", le parole dell'esperto all'Adnkronos Salute. "La tiroide - spiega Grimaldi - ha un meccanismo di autoregolazione per cui utilizza lo iodio per produrre gli ormoni tiroidei necessari all'organismo, ma se gli arriva troppo iodio si blocca e si satura, con conseguenze pericolose". Per questo ''assumere iodio in compresse senza prescrizione medica è sbagliato''.

Lo iodio nell'organismo

''Lo iodio - prosegue il presidente degli endocrinologi italiani - riveste dunque un ruolo centrale nella fisiologia della ghiandola tiroidea. Il suo apporto viene assicurato all'organismo mediante composti iodati contenuti nel cibo, sale, acqua e preparazioni vitaminiche. Assumere un eccesso di iodio non radioattivo, sotto forma di ioduro di potassio può ridurre, fino a bloccare, l'accumulo dello iodio radioattivo all'interno della tiroide'', ribadisce Grimaldi, ricordando che ''in Italia non esiste un farmaco commercialmente disponibile a base di ioduro di potassio''. 

​Come ridurre i rischi dell'esposizione

Escludendo e condannando dunque il fai da te, Grimaldi spiega come sia possibile, con precise modalità e sotto stretto controllo, ridurre i rischi per l'organismo di una eventuale esposizione alle radiazioni. La tecnica viene usata, per proteggere la tiroide, anche quando si eseguono alcuni esami di medicina nucleare: ''Qualche giorno prima dell'esposizione'' con tempi e dosi ben precisi dunque, ''si assume una soluzione satura di ioduro di potassio iodio in gocce, questo permette di saturare la tiroide e lo iodio radioattivo che viene dall'esterno non viene assorbito perché appunto la tiroide si è bloccata".

Le gocce da assumere

"A causa dei gravi incidenti nucleari del passato - dice Franco Grimaldi - ora siamo preparati: l'Organizzazione mondiale della Sanità ha predisposto linee guida con l'obiettivo di sostenere la preparazione e l'organizzazione degli Stati su argomenti di sanità pubblica, come le emergenze radioattive''. Nel dettaglio, qualora necessario ''viene prescritta una soluzione di Lugol al 5%, preparata in farmacia e previa presentazione di ricetta. La dose è di 7 gocce tre volte al giorno, che possono essere assunte con gli alimenti".

Possibili effetti collaterali

L'assunzione di Ioduro di potassio può però, in qualche caso, determinare sintomi influenzali, cefalea, congiuntivite, arrossamenti del volto, dolore alle ghiandole salivari, laringite, bronchite e inoltre, in persone predisposte, vi è anche la possibilità di sviluppo di ipo o ipertiroidismo. Per questo motivo - è il monito del presidente Ame - è opportuno che questo preparato venga assunto soltanto in caso di effettiva necessità. Ovvero, se ufficialmente raccomandato dalle autorità sanitarie locali, con ricetta medica, secondo le modalità indicate e sotto controllo medico".